Svizzera

Le nuove rotte del petrolio di Putin, dalla Svizzera

Vecchie petroliere acquistate da nuove società per trasportare il greggio russo in oriente. Un commercio nel quale è protagonista una società di Ginevra

(Keystone)
23 giugno 2023
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Due petroliere, una di fianco all’altra nel Golfo di Laconia, nella Grecia meridionale. Da un lato la Horae, gestita dalla società svizzera Fractal Shipping, dall’altro la Nanda Devi, controllata dall’indiana Gatik Ship Management. La baia è nota per il suo mare calmo dove le navi possono cercare riparo in caso di maltempo. Domenica 2 aprile 2023, però, il meteo è clemente e le due imbarcazioni non necessitano di riparo dalle tempeste. Quello che cercano è un luogo tranquillo per manovrare il loro carico controverso: del petrolio russo. La Horae era partita qualche giorno prima da Primorsk, vicino a San Pietroburgo, e dopo aver circumnavigato l’Europa si è affiancata alla Nanda Devi. Quest’ultima è una sorta di stazione di pompaggio flottante, stanziata qui da mesi per scaricare o caricare petrolio su altre navi.

Nel Golfo di Laconia questi trasbordi sono decisamente aumentati negli ultimi tempi. Da quando cioè il petrolio russo è stato messo al bando in più di quaranta Stati. Di fronte alla città di Kalamata – poco lontano da dove si è da poco consumato l’ennesimo, tragico naufragio di migranti – il greggio in arrivo dalla Russia viene pompato su navi più grandi che lo trasporteranno poi in India, Cina e nel Medio Oriente. L’operazione permette di ridurre i costi di trasporto, ma non solo: le cosiddette operazioni ship-to-ship sono anche un noto mezzo per camuffare le origini della materia prima. Oggi, a trasportare questo greggio russo vi è tutta una flotta di vecchie petroliere dalla proprietà opaca. Queste navi sono gestite perlopiù da uffici basati a Dubai o a Mumbai, in India, e sono controllate da società-schermo basate in qualche isola del Pacifico. Tracciando le imbarcazioni che si sono mosse in questi mesi al largo di Kalamata o che hanno collegato direttamente i porti russi a quelli orientali si finisce però per arrivare anche in Svizzera. A Ginevra, precisamente. Sulle rive del Lemano ha infatti sede la Fractal Shipping, misteriosa società creata nel febbraio del 2022 e che in poco tempo è diventata una sorta di nave ammiraglia della cosiddetta flotta dell’ombra della Russia.

Embargo non per tutti

Nel giugno del 2022, i Paesi dell’Unione europea e la Svizzera hanno annunciato l’embargo sul petrolio russo, sul solco di quello adottato dagli Stati Uniti. Obiettivo: colpire uno dei principali salvadanai della macchina da guerra di Vladimir Putin. Le vendite di greggio, infatti, finanziano per un terzo il budget del Cremlino. Il boicottaggio non è stato immediato: la data d’inizio è stata fissata al 5 dicembre 2022 per il greggio e al 5 febbraio 2023 per i prodotti raffinati. Oggi non solo l’importazione per via marittima di prodotti petroliferi russi in Europa è vietata, ma le stesse compagnie europee non possono trasportare, finanziare o assicurare navi russe. Possono però operare con imbarcazioni di altre bandiere e trasportare petrolio russo nei Paesi che non hanno aderito all’embargo. A una condizione: il prezzo di questo oro nero non deve superare i 60 dollari al barile.

I principali operatori di navi cisterna, come la danese Maersk, hanno annunciato che non avrebbero continuato a operare nei porti russi, anche nell’ambito del commercio legale con i Paesi terzi e nel rispetto del “price gap”. I rischi, non solo reputazionali, sono troppi: per gli armatori è ad esempio difficile trovare società affidabili che assicurino le loro merci contro furti, perdite o danni durante il transito. Come nel passato, però, di fronte a embarghi o crisi internazionali c’è chi intravede grandi opportunità.

La flotta dell’ombra

“Le sanzioni sul greggio russo hanno frenato i flussi verso occidente e hanno creato un cambiamento nei flussi commerciali. Ciò ha portato all’emergere di nuovi operatori sul mercato delle navi cisterna, desiderosi di trarre profitto tramite il trasporto di carichi a rischio che gli attori tradizionali non sono più disposti a trasportare”, ci dice Rebecca Galanopoulos Jones, analista di VesselsValue, società che monitora i prezzi di migliaia di navi mercantili. Per l’esperta “questa nuova generazione di operatori del mercato delle petroliere ha aiutato il petrolio russo a continuare a circolare nel mondo”, tanto che a suo dire, oggi, “le sanzioni sembrano avere un impatto minimo sui livelli complessivi d’esportazione”. In effetti, dopo un crollo delle esportazioni con l’introduzione del “price gap”, i flussi petroliferi dalla Russia hanno ripreso a pieno regime.

Oggi, secondo i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, hanno raggiunto i livelli precedenti la guerra in Ucraina, con Cina e India che hanno sostituito i vecchi acquirenti europei. Questo anche grazie a una flotta di vecchie petroliere che solcano le nuove rotte dell’oro nero russo, come ci spiega Byron McKinney, esperto della società S&P Global Market Intelligence e autore di uno studio sul fenomeno: “Prima dell'introduzione del tetto massimo ai prezzi petroliferi nel dicembre 2022, un certo numero di navi è passato dalla proprietà o nazionalità russa diretta a nuove società domiciliate in India e negli Emirati Arabi Uniti”. Secondo i dati di Byron, nel 2022 sono state create 864 nuove società nel settore marittimo con un'associazione con la Russia. Per l’esperto non c’è dubbio: “Questi nuovi armatori navigano in un mondo di opacità e hanno aiutato il petrolio di Putin a continuare a fluire verso oriente quando gli armatori tradizionali sono usciti dal mercato russo”.

Tra i nuovi attori emergono dei nomi indiani, come ad esempio la Gatik Ship Management, che da fine 2021 ha acquisito ben 53 vecchie navi cisterna per un valore di mercato totale di 1,5 miliardi di dollari. L’altra grande nuova arrivata è invece l’elvetica Fractal Shipping.

27 petroliere in un anno

Ci sono un francese, un italiano e un norvegese che posano sorridenti di fronte al Jet d’eau di Ginevra. Sono i fondatori di questa società che sta facendo molto rumore nel felpato mondo dei commercianti di materie prime ginevrini. Questa nuova compagnia marittima gestisce oggi una delle più grosse flotte specializzate nel commercio di petrolio russo, come reso noto di recente dai giornali di Tamedia e dalla trasmissione Rundschau. In pochi mesi Fractal Shipping ha acquisito 25 petroliere d’occasione, il cui valore minimo stimato è di 550 milioni di franchi. Navi con un’età media di 17 anni che, finite sotto la gestione di Fractal, hanno poi iniziato a fare la spola dai porti russi a quelli cinesi, indiani o arabi. Lo dimostrano i dati di navigazione marittima: dall’aprile 2022 la flotta della società svizzera ha trasportato carichi petroliferi per un valore di almeno 2 miliardi di franchi secondo le stime della società Kpler pubblicate dal giornale norvegese Dagens Naeringsliv. In un recente articolo la testata scandinava ha dettagliato in un grafico tutti questi viaggi, così come le operazioni ship-to-ship avvenute tra alcune navi operate da Fractal – tra cui la citata Horae – al largo di Kalamata.

Sul suo sito, la società dice di essersi installata in riva al Lemano perché si tratta “del centro più avanzato per il commercio di materie prime (…), il che ci dà accesso a una larga comunità di armatori nel settore dei prodotti petroliferi”. Sempre sulla sua pagina è pubblicata la sua flotta, con il nome delle navi, la data di messa in servizio e alcune caratteristiche tecniche. La trasparenza finisce lì. Di più si sa solo che due dei tre fondatori hanno un passato nella gestione della flotta di navi cisterne di Socar, la società petrolifera statale dell’Azerbaigian, petrodittatura controllata con il pugno di ferro dalla famiglia Aljiev.

Un grande mistero

Attorno al nome di Fractal c’è grande mistero. Le domande sono molte. Da dove arrivano tutti quei milioni necessari per acquistare in poco tempo quasi trenta petroliere? A chi appartengono, veramente, queste navi? Sulla carta, tutte le imbarcazioni gestite da Fractal appartengono a scatole vuote basate alle isole Marshall, rappresentate ognuna da direttori dal passaporto indiano. Delegare la proprietà di una nave a una società-schermo – ci dice chi è avvezzo al settore – è una prassi consolidata che permette di ridurre i rischi della società armatrice in caso di incidenti o controlli. In ogni caso, però, resta il problema della trasparenza: “Quando gli armatori registrati non sono i proprietari finali della flotta non è facile capire chi sia il vero proprietario di queste imbarcazioni”, ci spiega l’analista Byron McKinney, secondo cui “la questione della proprietà delle navi e della possibilità di identificare il proprietario effettivo finale è stata ampiamente discussa dall’entrata in vigore dell’embargo occidentale”. Di recente, l’Ue e la Svizzera hanno inserito nella lista delle sanzioni l’armatore Sun Ship Management, basato a Dubai. In causa c’è la sua relazione con Sovcomflot, armatore della flotta russa che nel 2022 ha trasferito le attività proprio a Sun Ship Management.

A parte la ripresa delle sanzioni europee, la Svizzera non ha previsto nessuna misura di controllo per verificare il rispetto delle misure d’embargo. La Segreteria di Stato per l’economia ci spiega che “tocca alle imprese rispettare le disposizioni legali in Svizzera”. La Seco aggiunge che sta esaminando dei casi in relazione al rispetto del “price gap”, ma che a oggi “non ha aperto nessuna procedura penale amministrativa nel contesto del petrolio russo”.

‘Operazioni trasparenti’

Contattata, Fractal Shipping ha rifiutato la nostra richiesta d’intervista limitandosi a dire che “conduce le sue operazioni in modo trasparente, in conformità con l'attuale regime di sanzioni e con le norme del settore”. Ai giornalisti di Dagens Naeringsliv, uno dei direttori – il norvegese Karl Martin Nygaard – ha dichiarato che la flotta è stata acquisita “grazie a degli investitori basati a Dubai, implicati in vari settori tra cui lo shipping”. Sempre secondo il dirigente, questi investitori “hanno visto un’opportunità sul mercato delle petroliere dopo l’invasione dell’Ucraina”. I margini in questo segmento commerciale sembrano essere molto attrattivi, come ci spiega sempre Byron McKinney: “Le tariffe delle navi cisterna per il trasporto di prodotti petroliferi dai porti russi ai partner orientali sono estremamente elevate in questo momento e costituiscono un incentivo fondamentale per gli armatori a partecipare a questo tipo di commercio”. In fondo, tutto si riassume nel classico motto business is business. O per dirla con le parole del dirigente norvegese di Fractal: “Abbiamo scelto di operare con la Russia perché lì i guadagni sono migliori (…). Se c’è chi si autosanziona nelle relazioni con la Russia è un problema suo, niente obbliga altri armatori a seguirlo”. Sarà forse poco etico, ma è davvero così.

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