OxySvizzera potrà ottenere le informazioni dall'Amministrazione federale delle dogane. Intervista al presidente della Ong sul sospetto di accordo cartellare
L’associazione OxySvizzera deve poter accedere ai prezzi di vendita dei pacchetti di sigarette prodotti da Philipp Morris, British American Tobacco e Jt International per gli anni 2014 e 2015. Lo ha deciso il Tribunale amministrativo federale (Taf) che ha seccamente respinto al mittente le diverse argomentazioni delle multinazionali – che almeno in un caso “rasentano la malafede”, si legge nella sentenza che abbiamo potuto consultare – e che ha intimato all’Amministrazione federale delle dogane (Afd) di fornire le informazioni richieste. La piccola Ong romanda sospetta infatti che fra le tre società vi sia un «accordo cartellare», spiega a ’laRegione’ il suo presidente Pascal Diethelm, che è anche colui che ha condotto questa battaglia.
L’annosa vertenza legale è iniziata nel 2017 quando, OxySvizzera ha presentato un ricorso contro la decisione dell’Afd, che si era rifiutata “a torto” di fornire all’associazione i dati richiesti. In seguito anche le tre grandi società del tabacco hanno preso posizione, chiedendo che il ricorso venisse respinto: secondo loro le informazioni in questione sono protette dal segreto commerciale. Sostenevano inoltre che i loro interessi privati avrebbero dovuto prevalere sugli interessi pubblici in termini di trasparenza. Argomentazioni respinte dal Taf che nella quarantina di pagine della sentenza parla anche di accuse e contestazioni "infondate". Va detto che le società in questione hanno ancora la possibilità d’inoltrare ricorso al Tribunale federale di Losanna.
Pascal Diethelm, come commenta la decisione del Taf?
Sono evidentemente molto soddisfatto. Ne beneficeranno tutte le persone impegnate nella prevenzione, così come i ricercatori universitari che potranno studiare l’evoluzione dei prezzi delle sigarette. Inoltre, è confortante che il Taf non abbia accolto l’argomentazione secondo cui l’interesse privato delle multinazionali debba imporsi sulla trasparenza. Purtroppo, in quest’ambito, il parlamento ha finora sempre dato più peso agli interessi economici. E questo in nome delle leggi di mercato, che però vengono violate proprio da queste società. Esecutivo e legislativo dovrebbero privilegiare una volta per tutte la salute pubblica e la prevenzione che sono di fatto incompatibili con gli interessi delle multinazionali del tabacco.
Perché avete chiesto informazioni sui prezzi delle sigarette all’Afd?
Le tre grandi multinazionali godono di una situazione estremamente vantaggiosa in Svizzera: il livello di tassazione è basso e dal 2013 non vi è più stato alcun aumento dell'imposta sul tabacco. Nel 2014 abbiamo però notato che i prezzi delle sigarette di tutte e tre le società sono cresciuti contemporaneamente di circa l’8%. In una situazione di libera concorrenza, ciò ci ha molto sorpresi, visto che la domanda era stabile e il prodotto era lo stesso. L’unica spiegazione è che ci sia stato un accordo tra le società in questione. Abbiamo quindi chiesto all’Afd di fornirci i dati sui prezzi di vendita per il 2014 e il 2015, con lo scopo di verificare come sono evoluti i prezzi.
Come vi muoverete una volta ottenute le informazioni?
Se riusciremo a dimostrare che il mercato delle sigarette non funziona, avendo una struttura cartellare, allora denunceremo i fatti in base alle legge federale sui cartelli. Siamo però consapevoli che sarà molto difficile ottenere prove. In tal caso non ci resterebbe quindi che mettere in evidenza e documentare le disfunzioni del mercato. D’altro canto contatteremo il Sorvegliante dei prezzi [Stefan Meierhans, ndr], chiedendogli di verificare se gli aumenti sono abusivi. Credo infatti che né il mercato, né il prodotto li giustifichino. Ad approfittarne è semplicemente l’industria del tabacco che così facendo incrementa i propri profitti.
Come si spiega questa situazione?
Queste società effettuano un’azione di lobbismo enorme in parlamento, per far sì che non vengano aumentate le tasse sul tabacco. Tasse che dal 2013 sono invariate a un livello molto basso, rispetto alle raccomandazioni dell’Oms: la Svizzera ha il livello di tassazione più basso, rispetto a tutti i Paesi che la circondano. Le multinazionali del tabacco giustificano questa situazione, ritenendo che un aumento dell'imposta, e quindi del prezzo, genererebbe contrabbando. Tuttavia, i prezzi sono saliti lo stesso e i benefici sono finiti nei loro portafogli e non nelle casse della Confederazione. Secondo i nostri calcoli, se questo aumento fosse dovuto a una tassazione più elevata e non alla mera decisione di queste società, lo Stato potrebbe beneficiare ogni anno di 200 milioni di franchi supplementari. I politici dovrebbero rendersi conto che non aumentando l'imposta, fanno sì che l’incremento del prezzo delle sigarette vada interamente a vantaggio delle società del tabacco.
Perché l’Afd non ha voluto fornirvi le informazioni richieste?
Sin dall’inizio di questo procedimento l’Afd si è completamente allineata alla posizione delle multinazionali. Pensiamo che ci sia una sorta di collaborazione tra l’Amministrazione federale delle dogane e queste società. Ciò può anche essere visto come una cosa normale, perché i contatti tra loro sono sempre stati molto numerosi. Il problema è che l’Afd non collabora invece altrettanto bene con le autorità della salute pubblica.
Si spieghi.
Per l’Organizzazione mondiale della sanità, l’aumento dell'imposta sul tabacco è lo strumento più efficace per lottare contro il tabagismo. Ad esempio in Francia, l’incremento di un euro sul pacchetto di sigarette entrato in vigore due anni fa, ha fatto sì che un milione di fumatori smettessero. Dunque queste misure sono molto efficaci dal punto di vista della salute pubblica. L’Afd dovrebbe quindi collaborare maggiormente con l’Ufficio federale della sanità pubblica, fornendogli informazioni utili per la politica di prevenzione del tabagismo.
Secondo Luciano Ruggia, direttore dell’Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo (At) la decisione del Taf «è un primo passo verso una trasparenza necessaria, per quanto riguarda le strategie dell’industria del tabacco». Tuttavia, bisogna spingersi oltre, «mostrando quali sono esattamente gli interessi di queste società».
Intanto, al vaglio del parlamento vi è la nuova legge federale sui prodotti del tabacco. Lo scorso settembre è stata affrontata dal Consiglio degli Stati che si è detto favorevole a proibire la pubblicità delle sigarette sulla stampa e su internet. Prossimamente toccherà al nazionale esprimersi in merito. La speranza è quella di «ottenere una legge molto più efficace», afferma Ruggia, da noi contattato. «Negli ultimi dieci anni non è cambiato nulla, se non nell’ambito del fumo passivo», osserva. «Il risultato è che circa il 27% della popolazione adulta fuma. È quindi urgente che entri in vigore una legge molto più severa, che vieti completamente la pubblicità e proibisca la vendita di tutti i prodotti del tabacco ai minorenni». Infatti, alcuni cantoni permettono ancora la vendita di sigarette ai minori di 18 anni. «Per quanto riguarda la pubblicità, se la si vieta solo in parte, l’industria del tabacco indirizzerà il suo marketing sui canali ancora disponibili. Penso ad esempio al mondo digitale che permette in particolare di raggiungere i giovani». Insomma, il passo fatto in settembre dagli Stati non basta: «O si vieta qualsiasi forma di pubblicità, oppure resteranno sempre delle eccezioni» che potranno essere sfruttate dalle multinazionali. Un divieto totale è proprio quello che chiede l’iniziativa popolare ‘Sì alla protezione dei fanciulli e degli adolescenti dalla pubblicità del tabacco’.
La tassazione dei prodotti del tabacco è invece regolata in un’altra legge. Questa stabilisce che «sulle sigarette vi è un'imposta del 52,5%, le cui entrate vanno a beneficio dell’Avs», spiega Ruggia. «C’è poi una tassa sul valore aggiunto che fluisce nelle casse della Confederazione. La legge prevede anche due trattenute dello 0,3%: una a favore della prevenzione del tabagismo (per un totale di circa 13 milioni nel 2018), mentre l’altra va a sostenere i produttori di tabacco indigeni. Che tra l’altro è di pessima qualità, visto che non abbiamo il clima adatto per coltivarlo». Per il direttore dell’At sarebbe quindi «urgente che il Consiglio federale possa nuovamente aumentare le tasse», come ha fatto fino al 2013. Ma perché ciò non è più avvenuto negli scorsi anni? «Il governo ha già fatto uso di tutto il margine di manovra previsto. Nel 2016 l’esecutivo ha chiesto al parlamento di aumentare questo margine. Una richiesta che è però stata respinta».