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Lugano e Bellinzona, forse serve più realismo

Dopo un girone d’andata che aveva illuso i tifosi su entrambi i versanti del Ceneri, oggi i due club devono ridimensionare le proprie ambizioni

8 aprile 2025
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Quello appena concluso non è certo stato un weekend positivo per Lugano e Bellinzona, intesi come club calcistici. Nel massimo campionato, i bianconeri sconfitti a Basilea hanno infatti con ogni probabilità detto addio al sogno di laurearsi campioni dopo la bellezza di 76 anni. Nel torneo cadetto, invece, umiliati 7-0 a Carouge, i granata si ritrovano ancor più coinvolti nello struggle for life che a fine stagione porrà il confine fra salvezza e retrocessione, incubo nemmeno ipotizzabile un paio di mesi fa, ma oggi autentico spauracchio. Inutile dire che alle due compagini auguriamo il meglio, ma è comunque doveroso chinarsi sulle due situazioni, per alcuni versi diversissime fra loro ma in un certo senso piuttosto simili.

Ad accomunarle c’è ad esempio il fatto che entrambe – dopo una buona prima parte di stagione – abbiano smarrito la rotta dopo la pausa invernale. I sottocenerini, che a Natale erano addirittura al comando della classifica, al momento attuale – visto l’altalenante rendimento – si ritrovano soltanto al quinto posto, fra l’altro non ancora certi di chiudere fra le prime sei che disputeranno il girone che più conta. L’Acb, dopo che i suoi dirigenti in estate avevano lanciato addirittura proclami di promozione, oggi può invece soltanto sperare che lo Sciaffusa, ancor più disastrato, continui a rimanere un gradino più in basso in graduatoria, nella decima e ultima posizione sinonimo di relegazione.

A far illudere che il Lugano dell’ottimo coach Croci-Torti fosse addirittura capace di vincere il campionato – oltre al suo cammino innegabilmente degno di nota fino a dicembre – aveva contribuito anche una certa dose di fortuna, data dal grande equilibrio che è regnato, e in parte ancora sopravvive, in Super League. Quello in questione, però, è un livellamento che tende verso il basso, non certo verso l’alto, e a conferma di ciò fanno testo le pessime prestazioni fornite dalle squadre svizzere (fatta eccezione, ma solo in parte, per gli stessi bianconeri) nelle coppe europee.

Alla lunga, però, i reali valori tecnici stanno inevitabilmente emergendo: Young Boys e Basilea – che avevano iniziato male l’annata – una volta registrati i reparti difensivi sono infatti tornati a occupare le posizioni di classifica a cui per Dna sono abituati. Sono infatti i soli due club che, nel momento che davvero conta, mostrano cifre da legittime pretendenti al titolo, specie alla voce gol subiti e differenza reti. Tutte le altre squadre della parte alta della tabella – e in special modo proprio i bianconeri – hanno invece statistiche mediocri: retroguardia assai vulnerabile, differenza reti quasi neutra e, soprattutto, un eccessivo numero di partite perse, ben 11 su 31, decisamente troppe per qualcuno che intenda seriamente candidarsi al titolo.

I dati sono ancor più impietosi nel caso del Bellinzona, che nel suo campionato è di gran lunga la compagine più inefficace in attacco e certamente fra le peggiori a livello difensivo. Oltretutto, i granata non vincono più una match dal pleistocene, e il recente arrivo in panchina di Beppe Sannino – invece di dare la scossa auspicata – pare aver fatto precipitare la squadra ancor più verso il baratro.

Vorremmo poter dire altro, ma è assai probabile che quanto stiamo vedendo in queste settimane illustri fedelmente la reale dimensione delle squadre ticinesi nel contesto del football nazionale. A deporre a favore dei sottocenerini – e dunque a indurre a sperare che nei prossimi anni un salto di qualità possa essere davvero effettuato – oltre all’arrivo di uno stadio adeguato ai tempi c’è quantomeno la garanzia di una proprietà seria e solida, che fa senz’altro dormire sonni tranquilli ai propri tifosi.

All’ombra dei Castelli, invece, le prospettive non sono affatto rosee: la gestione spesso abborracciata di sodalizio e squadra vista negli ultimi anni – più che sognare – fa tremare, così come pernicioso si rivela l’irrisolto problema delle infrastrutture obsolete. E il fatto che la società sia in vendita, ma senza che all’orizzonte si intraveda un compratore, va a completare il preoccupante quadretto.