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Il Rapperswil: ‘Siamo una sorpresa. Ecco perché è magia’

Parla Daniel Vukovic, mastino di una difesa sangallese che, nonostante lo 0-2 contro lo Zugo, non smette di crederci. 'Anche se pochi credono in noi'.

'Quando ho firmato qui due anni fa, non mi sarei mai sognato una cosa del genere' (Keystone)
28 aprile 2021
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Il suo 'Rappi' è ormai con le spalle al muro, sotto 2-0 nella semifinale con lo Zugo. Daniel Vukovic, però, non ne vuole sapere di mollare. «In gara 2 ci siamo avvicinati allo Zugo, chiaramente, ma il minimo errore, come un disco perso o una penalità evitabile, abbiamo finito per pagarlo. Non per niente ha terminato la regular season nettamente al primo posto», racconta il trentacinquenne difensore, arrivato la scorsa stagione a Rapperswil dopo una vita nel Ginevra Servette.

Due a zero o no, per Vukovic la situazione è la stessa di prima. «Per noi non cambia nulla – spiega –. Già prima d’iniziare la semifinale eravamo noi gli outsider, quindi non abbassiamo le braccia. L’ambiente nel nostro spogliatoio è incredibile: non ho mai vissuto niente di simile. Ci crediamo ancora, certo, anche se in pochi credono in noi. Ogni match per noi è come se fosse una serie di playoff a sé stante, indipendentemente da quale sia stato l'esito delle partite giocate prima. È questo il nostro approccio alle partite».

Ma questo Zugo è veramente tanto più forte di squadre come Bienne e Lugano? «La classifica di regular season parla chiaro. Però, è ovvio, difficile fare paragoni: di sicuro dispone di un effettivo davvero completo, ha un grande staff tecnico e in porta, beh, Genoni lo conosciamo tutti. Tuttavia, se riusciamo a metterci il fisico e a tenere alto il ritmo per tutti i sessanta minuti di gioco minuti abbiamo una possibilità di vincere. Infatti, non dimentichiamoci che tutto è possibile».

Anche se, per il Rapperswil, è già incredibile il fatto che la squadra sia arrivata sino alle semifinali. «È davvero magnifico. Quando ho firmato qui, due anni or sono, non mi sarei mai immaginato di ritrovarmi nuovamente tra le prime quattro squadre del campionato. Ma non è un caso si siamo a questo punto: il nostro sistema è molto adatto al tipo di hockey che si pratica nella post season, e la nuova formula di campionato ci ha aiutati, anche se non l’abbiamo mica scelta noi. Certo, però, che le emozioni sono grandissime, quando arrivai in finale con il Ginevra e affrontammo il Berna, quella direi che non fu una sorpresa. Questa invece sì, e ciò rende tutto così magico».

L’apice di questi playoff, finora, è stato il gol segnato da Gian-Marco Wetter al novantasettesimo minuto, ovvero quasi in chiusura del secondo overtime, sul ghiaccio di Lugano. «Una sensazione così non l'avevo mai provata in carriera: quando quel disco è entrato, ho fatto il salto più in alto di tutta la mia vita...».

'Nei playoff si gioca, rotti o no'

E pensare che Daniel Vukovic nel pre-playoff contro il Bienne era uscito malconcio da gara 1, e aveva poi dovuto saltare la seconda sfida per infortunio. «Non è stato un momento facile. Tuttavia, quando arrivi ai playoff, a meno che tu non sia vittima di una commozione cerebrale, scendi in pista praticamente qualsiasi infortunio tu abbia. Specialmente se hai un tipo di gioco come il mio, che non sono certo un fuoriclasse come un Diaz o un Cervenka. Le mie caratteristiche sono il cuore e la voglia di combattere».

Tanto che, quand'è sul ghiaccio, Vukovic non dimostra proprio i suoi 35 anni. «Io non mi accorgo di non aver più vent'anni. Contro il Lugano, in gara 5 ho giocato addirittura 35 minuti, mai avevo avuto un simile minutaggio in una sola partita. E nella mia testa di anni me ne sento venticinque, questo indubbiamente aiuta».

'Sono ancora qui. Chi l'avrebbe detto?'

Insomma: nonostante il contratto in scadenza, l’ex difensore ginevrino spera e pensa di continuare la sua carriera. «Ora mi concentro unicamente su questi playoff, poi se dovesse arrivare un’offerta interessante evidentemente ci penserei».

In Svizzera però, non altrove. Anche quando smetterà di giocare «Resterò qui, perché mi sento ginevrino al 100%, mia moglie è ginevrina e quando la Nazionale rossocrociata affronta il Canada io tifo Svizzera – confessa, lui che è originario di New York, ma in Ontario –. Adoro questa città, se vogliamo a Rapperswil ho il mio chalet, ma ho comunque sempre l'appartamento a Ginevra. Sono arrivato da oltre oceano quand'avevo ventitré  anni, ed è stata una vera benedizione. Questo malgrado l’inizio difficile: infatti, dopo la prima stagione in National League, di certo non la miglior della mia carriera, credo che nessuno di voi giornalisti avrebbe immaginato che sarei rimasto almeno altri quattordici anni in questa Lega...».  

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