Calcio

È sempre quello giusto (di allenatore), all'inizio

Chiamato a sostituire Celestini, Jacobacci ha cancellato con un colpo di spugna la sua avventura all'Acb e a Lugano dovrà far ricredere gli scettici

30 ottobre 2019
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Per una società, l’Fc Lugano, che trova un allenatore per tappare l’ennesima falla lasciata aperta da una gestione discutibile e umorale, ce n’è un’altra, l’Ac Bellinzona, che subisce un ratto senza potervisi opporre, perché milita due gradini sotto, nelle gerarchie del calcio nazionale. Ogni tassello è stato inserito al posto giusto, c’è solo la casella lasciata libera alla voce ‘tecnico granata’ che sarà presto riempita, ma ovunque serpeggiano sfiducia e malumore, più o meno equamente distribuiti.

A Cornaredo il fronte duro e puro bianconero fatica ad accettare l’idea che un ex giocatore e allenatore granata si faccia carico dei destini sportivi del Lugano, l’altra metà del cielo, in termini pallonari. Un problema sormontabile, giacché nel calcio contano i risultati, e se questi arrivano con un ex avversario in panchina, la retorica delle rivalità spinte ed esacerbate viene presto meno, per lasciare spazio all’esultanza e ai peana dei tifosi. Quanto questa condotta sia coerente, importa davvero poco, in una realtà che di certi valori e del senso d’appartenenza si fa un baffo, per piegarsi a dinamiche legate al prestigio e agli interessi personali. Lecito, per carità, anzi attualissimo e in linea con i tempi che corrono, tuttavia non si pretenda che l’amaro in bocca svanisca per effetto delle giustificazioni che ci vengono propinate.

Che dire del repentino colpo di spugna che Jacobacci ha dato alla sua breve e sfortunata esperienza granata? Paolo Righetti, presidente dell’Acb, l’ha letto come una mancanza di attaccamento a una causa che era stata abbracciata dal suo ex dipendente con uno di quegli slogan che solo il calcio: ‘Bellinzona scelta di cuore’, si sbilanciò. Con i sentimenti pronti a essere messi da parte di fronte all’occasione da non perdere. Carpe diem, mica è sbagliato.
Al netto del rigore e della professionalità che gli riconosciamo, tutto si può dire tranne che Jacobacci abbia sposato la causa granata con la passione che i tifosi pretendono che ogni ‘impiegato’ ci metta. Ci ha sicuramente provato, ma se davvero c’entra qualcosa il cuore, saltare il fosso sarebbe dovuto costare uno sforzo maggiore.

L’Acb è rimasto in braghe di tela, costretto a trovare il terzo allenatore di una stagione che dal profilo sportivo è già compromessa. E parliamo della seconda realtà calcistica cantonale, di una piazza che ambisce a tornare nel calcio che più conta (non di una società di basso profilo), condannata a pagare il prezzo dell’instabilità di chi conta di più, con tanti saluti a un progetto che ora rischia di accumulare un pesante ritardo su una tabella di marcia piuttosto ambiziosa.
Fermo restando che non tutti piangono, all’ombra dei castelli. La scintilla tra la squadra e Jacobacci non era scoccata, il campionato ne ha risentito. Bando all’esultanza, però. Era pur sempre il tecnico preposto a riportare in alto il glorioso ‘Acebe’, scelto apposta per quell’obiettivo lì (benché non mancassero le voci contrarie). Benedetto senno di poi, magra consolazione: su, dai, non tutti i mali vengono per nuocere. Avanti il prossimo, tanti saluti e in bocca al lupo al nuovo allenatore del Lugano, il quale a Cornaredo è stato accolto con lo scetticismo che deriva proprio dagli scarsi risultati ottenuti al Comunale, oltre che dalla scia granata che ancora è visibile, nel suo incedere rapido verso sud.

Sarà l’allenatore giusto? Per qualche settimana senz’altro sì. Lo sono stati tutti i suoi predecessori, giusti e ideali. Finché il campo ha cominciato a insinuare il dubbio.

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