FOOTBALL

Il futuro dei Commanders nelle mani di Magic Johnson

L'ex stella dei Los Angeles Lakers è diventato il comproprietario della franchigia Nfl di Washington. Costo record dell'operazione: 6 miliardi di dollari

24 luglio 2023
|

Dall’alto dei suoi 206 centimetri, uniti a una mobilità fuori dal comune, avrebbe potuto essere un grande ricevitore o un altrettanto grande quarterback. Invece, ha optato per la palla a spicchi e se da un lato la Nfl ha perso una possibile stella, dall’altro la pallacanestro ha guadagnato un playmaker che ha contribuito a scrivere la storia di questo sport. Ma la passione di Earvin Magic Johnson per il football non è mai venuta meno e all’età di 64 anni si è tolto lo sfizio di diventare il comproprietario dei Washington Commanders (è già socio minoritario dei Dodgers della Mlb e del Los Angeles Fc della Mls). Settimana scorsa, infatti, l’assemblea dei proprietari delle altre 31 franchigie della Nfl ha dato via libera alla cessione della squadra della capitale dal criticatissimo Daniel Snyder a un gruppo capeggiato dal miliardario e filantropo Josh Harris (che detiene i Philadelphia 76ers, i NJ Devils e una quota del Manchester United) e, appunto, dall’ex numero 32 dei Los Angeles Lakers. Un’acquisizione costosa, la più costosa della storia per una società sportiva, con i suoi 6,05 miliardi di dollari sborsati. Il tutto, per ridare fiato e prestigio a una franchigia caduta negli ultimi decenni nell'anonimato più totale, dopo aver conquistato il Super Bowl nelle stagioni 1982, 1987 e 1991.

A detta dello stesso Johnson, il suo ingresso nel gruppo di comando di Washington riveste pure grande importanza a livello sociale. In effetti, Magic diventa il primo afroamericano ad avere in mano le chiavi di una franchigia della Nfl. Sino a ora, la presenza di dirigenti nella stanza dei bottoni delle 32 squadre era stata assolutamente minoritaria, nonostante della cordata che lo scorso anno aveva acquistato il Denver Broncos facessero parte il sette volte campione del mondo di Formula 1 Lewis Hamilton (peraltro non statunitense) e l’ex segretaria di stato Condoleezza Rice.

Non è certo il primo nodo da sciogliere per il neocomproprietario Magic Johnson, tuttavia, quello del nome della squadra è un tema che sta tremendamente a cuore ai tifosi… «Sicuramente è e sarà un argomento di discussione, ma per il momento vi sono cose più importanti delle quali occuparsi», come ad esempio, la ricostruzione di un rapporto di fiducia tra società e tifosi, rapporto minato da decenni di cattiva amministrazione da parte di Dan Snyder, accusato tra l’altro da decine di impiegate della società di aver avuto e permesso atteggiamenti sessualmente inopportuni nei loro confronti. Per la stagione alle porte, dunque, Washington scenderà ancora in campo con il nome di Commanders, ma è probabile che nel 2024 possano esserci un nuovo nickname e un nuovo logo. E sarebbe il quarto in pochi anni. Dal 1937 al 2019 (e nei primi quattro anni, quando la squadra si trovava a Boston) il nome era rimasto invariato: Redskins. Nel 2020, sotto la forte pressione delle tribù di nativi americani e dell'opinione pubblica, Snyder aveva acconsentito – dopo aver giurato e spergiurato che mai sarebbe accaduto – al cambio del nome: due stagioni come Football Team, per poi diventare Commanders dal 2022. Un nickname che, però, sembra essere destinato a vita breve.

Runner, mercato in picchiata

Se l’ingresso di Magic Johnson nella Nfl ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro, ha avuto la sua bella risonanza anche l’iniziativa messa in atto da Austin Eckeler, runner dei Los Angeles Chargers. Sabato sera ha riunito via Zoom i principali running back della lega per discutere della repentina perdita di valore di un ruolo fino a qualche decennio fa considerato prioritario nell’economia di una franchigia. In una Nfl diventata sempre più una “passing league”, il mercato dei runner è letteralmente crollato ed è diventato sempre più difficile staccare un lucroso rinnovo già alla scadenza del contratto da rookie, attorno ai 25-27 anni. Nell’ultima free agency, soltanto tre runner hanno firmato un accordo che supera i 10 milioni di dollari, mentre sul mercato rimangono elementi del calibro di Dalvin Cook, Ezekiel Elliott, Leonard Fournette (scaricati rispettivamente da Minnesota, Dallas e Tampa). Dal canto loro, Saquon Barkley (NY Giants), Josh Jacobs (Las Vegas) e Tony Pollard (Dallas), dopo essersi visti imporre il “tag” dalle rispettive franchigie non sono ancora riusciti a trovare un’intesa per il rinnovo del contratto. E proprio il “tag” – quel meccanismo che permette a una squadra di togliere dal mercato uno e un solo giocatore al quale si impegna a versare uno stipendio stagionale pari alla media dei cinque più alti nello stesso ruolo – rappresenta bene il calo di interesse nei confronti dei runner. Nel 2015 il tag per un quarterback era di 18,5 milioni di dollari, nel 2023 è passato a 32,4 milioni, quello di un wide receiver è schizzato da 12,8 a 19,7 milioni, mentre quello di un runner è sceso da 10,9 a 10,1 milioni. Un’involuzione alla base della quale c’è senza dubbio il cambiamento di strategia di gioco, incentrata al giorno d’oggi sui lanci e non più sulle corse, così come l’idea (non del tutto errata) che il runner sia soggetto a numerosi infortuni (per il numero di contatti fisici ai quali si sottopone) e, di conseguenza, a un deperimento precoce. Ma, forse, la vera ragione è un’altra: l’inflazione di ottimi runner in uscita dai college, una disponibilità che rende assai più economico draftare un rookie piuttosto che riempire di dollari un veterano. E siccome i runner di qualità sono numerosi, diventa inutile sceglierli al primo giro del draft. Così, nel 1990 quelli selezionati al primo round erano stati 6, dieci anni dopo si era scesi a cinque e nel 2010 a 3. Negli ultimi tre anni, sono stati chiamati al primo giro 3 runner (2 nel 2021 e uno nel 2023) contro 15 wide receiver. Il football è proprio cambiato…

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔