tiri liberi

Nazionale, ci mancano dei lunghi e dei pivot

Nonostante le vittorie contro Irlanda e Austria al basket svizzero servono maggiore qualità e coinvolgimento

In queste settimane, dopo le due vittorie della Nazionale contro Irlanda e Austria, abbiamo sentito diverse voci in proposito. Non essendo state delle vere interviste e tanto meno sono stati coinvolti in maniera diretta i vari interlocutori, ci permettiamo di riferire alcune loro opinioni che, secondo noi, possono aprire ampi dibattiti sullo stato di salute del nostro basket.

Alcuni hanno visto nelle due vittorie un salto qualitativo del gioco della Nazionale, mentre altri hanno ribadito che contro squadre come l’Irlanda, quarantunesima a livello europeo, non potevamo che emergere; contro l’Austria si è visto qualcosa di meglio, al netto della controprestazione al tiro degli austriaci, non sempre per merito della nostra difesa.

Alcuni hanno commentato come non ci siano nuovi giocatori in Nazionale in grado di dare un forte apporto e su questo tutti concordano. Soprattutto in regia non abbiamo un sostituto di Kazadi che poi vero play non è. L’ultimo play visto in maglia elvetica è stato Jaunin che, fisicamente parlando, non era in grado di competere con i pari ruolo europei, ma compensava questo gap con l’intelligenza. Non da ultimo, manca un vero pivot e non dei post o delle ali grandi riciclati come pivot. Senza scomodare Capela che indosserà la maglia rossocrociata quando sarà in pensione, non abbiamo lunghi adeguati e lo vediamo appena incontriamo squadre dal trentesimo posto in giù. D’altra parte, è sufficiente guardare oltre i confini per capire quali siano le differenze fisiche fra i nostri giocatori e quelli dei maggiori campionati, considerando anche che allenandosi con certi stranieri si cresce certamente di più che non con quelli del nostro campionato. E qui si entra nei meandri delle situazioni finanziarie che sono il freno maggiore alla nostra crescita. Meno soldi sono sinonimo di minor qualità, meno qualità vuol dire scarso interesse, basso interesse significa meno pubblico, meno sponsor, meno spazio sui media. Fatto questo giro di considerazioni si torna alla base del problema: come fare per tornare a creare coinvolgimento a 360°? Secondo noi in questi ultimi anni, come nei precedenti occorre pur dirlo, si sono cercate strade varie, si è messa in piedi anche una scuola di formazione che però necessita di anni per dare frutti, se li darà, mentre la maggior parte dei club naviga a vista, con investimenti sempre al ribasso. Magari fare un’analisi del territorio e capire quali potrebbero essere le strategie comuni da adottare a livello di club, porterebbe ad avere una visione comune dei bisogni del nostro basket e trovare delle strategie per uscirne: altrimenti siamo destinati sempre più all’oblio.

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