CICLISMO

Marc Hirschi, un sogno iridato

Rubens Bertogliati alla vigilia dei Mondiali di Imola: 'È un talento puro, può fare il grande numero. Che peccato non poter correre in Svizzera...'

(Marc Hirschi, il più combattivo del Tour de France)
24 settembre 2020
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Doveva essere la grande settimana di Aigle e Martigny, ma la pandemia ha costretto l’Uci a dislocare il carrozzone iridato. E così, a far festa sarà Imola, dove da oggi a domenica andrà in scena il Mondiale 2020. Comunque in tono minore, perché la federazione internazionale, alla luce delle restrizioni di viaggio applicate in molte nazioni (con conseguente imposizione di quarantene) ha deciso di rinunciare alle categorie giovanili. Così, in Emilia-Romagna, a correre saranno soltanto donne e professionisti. E se Imola sorride, tutta la Svizzera, e non solo quella romanda, rosica. Come conferma Rubens Bertogliati che in Italia avrebbe dovuto dirigere gli U23… «Sicuramente ci sono amarezza e delusione, perché gareggiare davanti al pubblico di casa è sempre speciale. Personalmente avevo potuto vivere da protagonista i Mondiali di Mendrisio, per cui riesco a capire la frustrazione che può regnare tra gli organizzatori. Ai quali, però, rimprovero di aver ceduto le armi con troppa facilità. Forse sarebbe stato possibile discutere più a fondo con le autorità federali, le quali dal canto loro, avrebbero potuto concedere una deroga di qualche giorno per un avvenimento così importante. Non dimentichiamoci che a pochi chilometri dalla Romandia è appena transitata senza particolari conseguenze la carovana del Tour de France».

Hirschi potenziale protagonista

Immergiamoci subito nella gara di domenica. La Svizzera parte con sei corridori e Marcello Albasini nella sua faretra può disporre di una freccia potenzialmente in grado di centrare il bersaglio… «Si sapeva che Marc Hirschi era destinato a esplodere. I valori e i dati fisici espressi durante la sua carriera parlano chiaro: ci troviamo di fronte a un talento puro che personalmente mi sento di mettere all’altezza di Pogacar o Bernal. In Svizzera, però, gli sportivi hanno la tendenza a maturare con qualche anno di ritardo rispetto ad altre nazioni: da noi si dà molto peso alla formazione scolastica e professionale e in più ci sono pure i quattro mesi di scuola reclute, tutti obblighi che difficilmente permettono di issarsi ai vertici già prima dei 20 anni. Rispetto a Hirschi, Pogacar ha alle spalle una Vuelta – per altro corsa con eccellenti risultati –, mentre Bernal è giunto sul palcoscenico internazionale già da un paio di stagioni, durante le quali ha svolto il necessario apprendistato prima di andare a vincere il Tour de France a 22 anni. D’altra parte, Cancellara, che era Cancellara, i primi successi di peso li ha ottenuti dopo i 23 anni».

Di Spartacus, Hirschi è concittadino. E dal profilo ciclistico? «Personalmente lo vedo più come un Pascal Richard. Sa andare benissimo nelle prove di un giorno, ma è in grado di vincere anche corse a tappe, a maggior ragione quelle di una settimana. Gli arrivi in salita non lo spaventano, come dimostra il titolo mondiale U23 conquistato nel 2017 a Innsbruck, su un tracciato prettamente per scalatori».

Wout van Aert uomo da battere

Domenica potrebbe puntare a vestire anche la maglia iridata dei grandi… «Non lo considero il grande favorito della prova, a mio modo di vedere i principali papabili sono altri. Ha però tutte le carte in regola per disputare una prova da assoluto protagonista e salire su uno dei tre gradini del podio. È maturo dal profilo tattico e pronto per il grande risultato, anche se prima di lui sul cartellino dei favoriti scriverei il nome di Primoz Roglic, voglioso di salvare la stagione dopo lo smacco al Tour e che potrebbe trovare l’appoggio di Pogacar, meno brillante del connazionale nelle corse di un giorno. La Slovenia sarà senz’altro la squadra faro, ma occhio alla Francia che proporrà in particolare Julien Alaphilippe, corridore che piace alla gente per il suo modo sempre offensivo di interpretare il ciclismo e che per il nostro movimento rappresenta un biglietto da visita. Ma l’uomo che vedo un gradino sopra tutti gli altri è Wout van Aert, assoluto protagonista di questi primi due mesi di stagione e uscito alla grandissima da un Tour de France dove ha lavorato a favore di Roglic, ma ha saputo togliersi anche soddisfazioni personali, con due successi di tappa che si aggiungono alle vittorie al Delfinato, alle Strade bianche e alla Sanremo». L’Olanda, per contro, dovrà fare a meno del suo asso, Mathieu van der Poel che ha rinunciato per meglio preparare le classiche di ottobre.

Per avere una chance di portare Hirschi in posizione di sparo, la Svizzera dovrà muoversi alla perfezione dal profilo tattico… «Hirschi va protetto, questo è certo. È lui il nostro uomo sul quale puntare per fare risultato. Qualcuno dei nostri dovrà essere bravo a inserirsi nelle fughe di peso, perché avere un uomo là davanti potrebbe essere importante per rimanere tranquilli in gruppo. Penso in primo luogo a Pellaud che di recente ha mostrato buone cose, oppure al solito inossidabile Albasini. Dillier lo terrei per il finale, è un ragazzo solido e che regge bene la distanza. Michi Schär sarà il mulo da soma, mentre Gasparotto con la sua esperienza cercherà di dirigere la squadra».

Occhio agli scalatori veloci

Due parole sul percorso, duro e per scalatori… «È impegnativo, forse non proprio come quello di Aigle - Martigny, ma comunque esigente. L’autodromo di Imola, al contrario di quanto si potrebbe pensare, non è affatto pianeggiante, mentre le due salite (Mazzolano, 2,7 km al 6,1% con punte al 13% e Gallisterna, 2,7 km al 6,4% con punte del 15%) non me le ricordo, ma stando alla planimetria sono ascese importanti. Se il tracciato romando era adatto in primo luogo a scalatori puri, quello di Imola potrebbe andar bene anche per scalatori veloci, uomini alla Van Aert e Alaphilippe».

Alla luce del percorso sorprende la mancata convocazione di Reichenbach, molto meno quella di Küng… «Per quanto ne so, è stato Reichenbach a fare un passo indietro e a chiamarsi fuori. Dispiace, perché al Tour aveva mostrato una buona gamba. Sono invece convinto che Küng avrebbe potuto essere un uomo importante: in ottica personale, magari con una fuga a lunga gittata, come in ottica di squadra. Inoltre, la prova in linea non avrebbe influito sul rendimento della cronometro, programmata due giorni prima. Peccato che Marcello non sia riuscito a convincerlo a prendere il via anche domenica».

Le prime soddisfazioni potrebbero giungere proprio dalle prove contro il tempo… «In campo maschile, su un percorso che non è un biliardo come quello romando, ma è comunque adattissimo ai cronomen, Küng punta al grande risultato. E oggi potrebbe far molto bene anche Marlen Reusser che guarda con fiducia al podio femminile, dopo la medaglia di bronzo conquistata in agosto agli Europei».

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