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Tempo di playoff, adesso è vietato sbagliare

(Gabriele Putzu)
29 aprile 2017
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di Dario ‘Mec’ Bernasconi

Iniziano oggi i quarti di finale dei playoff. In pratica inizia una “nuova” stagione, perché tutto si azzera, quanto fatto sino ad oggi conta solo per il piazzamento ma, come succede spesso e non solo nel basket, i playoff possono anche stravolgere la classifica che ci ha portato a questo punto. Facciamo un’analisi della stagione con il coach dei bianconeri Nicola Brienza, partendo dalla sua valutazione sull’approdo al basket svizzero... «È una scelta che rifarei, sono contento di questa nuova esperienza. Anche perché ho trovato che il basket svizzero si esprime su un buon livello».

Quali difficoltà hai incontrato? «Non è mai facile approdare in un contesto tutto nuovo, anche se il basket non conosce confini. Poi la realtà ti propone di far convivere professionisti con dilettanti e quindi devi cercare i giusti equilibri e dinamiche di gestione che spesso sono molto sottili. Ma ho trovato un ambiente ideale e tutti hanno sempre remato nella stesa direzione. La forza del gruppo coeso è la base sulla quale costruire».

Soddisfatto della prima parte della stagione? «Avremmo potuto avere qualche punto in più, visto come abbiamo scialacquato in alcune gare alla nostra portata. Ma nel complesso siamo cresciuti costantemente, limando quei cali di rendimento che a volte sono stati anche fisiologici o legati agli infortuni».

Nei playoff cali da evitare... «Nel modo più assoluto e di questo ne siamo consapevoli. Ora non ci saranno più possibilità di rimediare ad eventuali errori, ogni gara sarà una sfida importante, da giocare al massimo per tutti i quaranta minuti».

Il Lugano è quello che ha preso un parziale di 32-3 in 10 minuti, il 20-3 iniziale e il 12- 0 finale di Friborgo, o è quello del 61-42 degli altri 30 minuti? «Bella domanda, ma la risposta non è facile. Ogni partita ha le sue dinamiche, abbiamo pagato un approdo alla gara senz’anima, per poi risalire la china con una difesa adeguata e un buon attacco. Nel finale abbiamo pagato qualche palla persa che ci è costata la partita. Ma, in ogni caso, abbiamo espresso un buon basket e la partita è stata intensa».

Tutto il contrario della precedente sfida contro gli Star Wings, squadra che sarà vostra avversaria da oggi in poi... «Esatto, contro di loro non siamo riusciti a dare ritmo al gioco, abbiamo accettato passivamente i loro ritmi lenti e la loro capacità di addormentare la gara. Così abbiamo pagato a caro prezzo, anche se per la classifica non sarebbe cambiato molto, dopo essere stati sconfitti a Monthey la settimana prima».

Una lezione di cui fare tesoro? «Non è mai bello perdere ma posso dire che quella sconfitta deve darci la dimensione degli errori commessi e farci capire con quali atteggiamenti bisognerà andare in campo a partire da gara 1. Noi abbiamo un potenziale che deve permetterci di comandare la partita e non di subirla, occorre un approccio determinato e continuato e penso che la sconfitta di quindici giorni fa sarà un monito ben preciso».

Il recupero di Steinmann, la crescita di Louissaint e l’arrivo di Cafisi, sono fattori importanti per la squadra... «Sono soddisfatto di avere questi giocatori a disposizione, anche perché si giocheranno tre gare alla settimana e quindi è importante avere molti cambi. L’arrivo di Cafisi è utile per le rotazioni, anche se il giocatore è appena giunto e dovrà calarsi in un contesto rodato e affiatato nel minor tempo possibile. Ma sono contento che abbia affrontato con grande impegno questa sfida».

È calato un po’ il minutaggio di Mussongo... «È evidente che quando aumentano le rotazioni, i minutaggi per tutti diminuiscono. Ma ho molta fiducia in lui ne è consapevole e sa quanto ho bisogno anche di pochi minuti ma di grande intensità. Nei playoff contano molto anche questi aspetti gestionali della squadra, dove un giocatore può essere essenziale anche con un recupero, un rimbalzo o una stoppata. Lui ha queste qualità e ci conto».

Le avversarie sono toste: Monthey, per cautelarsi contro le probabili squalifiche di due dei suoi stranieri, ha ingaggiato un ottimo giocatore che i bianconeri conoscono molto bene, Efevberha, Ginevra dispone di sei stranieri, l’Olympic ha una panchina lunghissima: il Lugano farà mosse sul mercato? «Credo di no, anche perché o prendi uno che faccia veramente la differenza e che costa un pacco di soldi, oppure è meglio non stravolgere gli equilibri che hai costruito nel tempo. Non è nemmeno facile inserire un giocatore nuovo in pochi giorni, per cui siamo questi e cercheremo di arrivare sino in fondo».

Non vogliamo parlare di singoli, ma i tifosi aspettano sempre che West diventi più utile... «Credo che ci sia stata una crescita evidente del suo rendimento ora ci aspettiamo un ulteriore salto di qualità, ma ho fiducia in quello che ci può dare».

Cosa manca a questo Lugano? «Io credo che i giocatori per far bene ci siano. Quello che ci manca è il pubblico che faccia la differenza. Giocare davanti a un centinaio di tifosi, che ringrazio comunque, è diverso che giocare in un Elvetico colmo e trascinante. Due esempi: a Basilea, nella partita che portava alle Final Four di Coppa della Lega, c’erano tre spettatori, al punto che non hanno aperto nemmeno la buvette. A Friborgo, sabato scorso, quando eravamo avanti di 6 a tre minuti dalla fine, le nostre due palle perse sono state salutate da un boato che ha dato la carica ai burgundi per vincere di 5. Ecco, vorrei un Elvetico pieno di tifosi che ci diano ulteriori motivazioni per dare il massimo. È un aspetto psicologico di grande peso e credo che il basket abbia bisogno di questo entusiasmo e di questo sostegno. Giochiamo per una città, per un intero cantone direi, visto che siamo gli ultimi a restare in lizza, e quindi vorrei tanto sentire questo entusiasmo e questo calore attorno a noi. Il famoso sesto uomo non è una boutade».

Sognare non costa nulla, sperare che la gente si schiodi da casa e vada all’Elvetico è un desiderio più che legittimo, non fosse che per dire grazie a tutti quanti ci mettono sudore, tempo e denaro.

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