SCIENZA E MEDICINA

La cura è più vicina, grazie ai progressi della scienza

Nuovi strumenti e aiuti tecnologici contro il tumore colorettale che colpisce più uomini che donne. Uno sguardo nell’approccio medico alla malattia

Le problematiche a livello intestinale sono influenzate sia da fattori ereditari che dallo stile di vita di ognuno di noi
(Depositphotos.com)

La diagnosi precoce è molto importante

Si tratta di una malattia importante, perché colpisce più di 4’300 persone ogni anno in Svizzera, di cui 3 su 5 sono uomini. Esistono dei fattori che possono predisporre una persona sana ad un rischio aumentato di sviluppare un tumore intestinale. Alcuni di questi, come ad esempio la presenza di tumori di questo tipo nei familiari, oppure l’età, non possono essere influenzati, mentre altri, come un’alimentazione sana e un’attività fisica regolare possono essere determinati dal nostro stile di vita.

Il tumore colorettale si sviluppa in due fasi: dapprima come tumore benigno e innocuo, chiamato polipo intestinale, e in seguito come tumore maligno. La superficie fragile di un polipo può perdere piccole quantità di sangue che vengono eliminate nelle feci.

La ricerca del sangue occulto nelle feci con un test particolare, in combinazione con la colonscopia risulta ad oggi il miglior metodo per individuare queste lesioni tumorali. La colonscopia è un esame che si avvale dell’utilizzo di una sonda di circa 140 cm munita di una telecamera frontale che consente l’identificazione dei polipi colici, ovvero dei precursori del cancro. La colonscopia consente non solo l’identificazione dei tumori, ma anche la loro rimozione immediata. L’analisi al microscopio del polipo rimosso permette in seguito una diagnosi precisa. Negli ultimi anni l’innovazione tecnologica ha fatto passi da gigante con lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale che durante la colonscopia permettono l’identificazione di lesioni sospette, con la comparsa nel video di un quadratino digitale e un effetto sonoro durante l’esame, segnalando le irregolarità della mucosa che potrebbero essere dei polipi. L’expertise dell’endoscopista permette di valutare queste irregolarità e procedere alla rimozione endoscopica qualora fosse necessaria. L’Ospedale San Giovanni di Bellinzona è stato fra i primi centri in Svizzera ad utilizzare l’intelligenza artificiale nelle colonscopie alla ricerca di polipi (le cosiddette colonscopie di screening) partecipando ad alcuni importanti studi scientifici. Il Dr. Gianluca Lollo, caposervizio in gastroenterologia all’Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli, ha potuto infatti dimostrare che rispetto alla colonscopia standard, l’uso dell’intelligenza artificiale permette di individuare un numero significativamente maggiore di polipi.


Uno sguardo da vicino

Il ruolo del microbiota

A differenza di altri tipi di tumori che insorgono in organi virtualmente sterili, il tumore colorettale si sviluppa all’interno di un ambiente popolato da miliardi di microrganismi, definiti nel loro insieme come "microbiota intestinale". Durante l’ultimo decennio, si è scoperto che la composizione del microbiota influenza in modo decisivo il decorso clinico della malattia. In condizioni fisiologiche, il microbiota intestinale rimane separato dalla mucosa intestinale, grazie alla presenza di uno spesso strato di muco e all’impermeabilità dello strato di cellule che ricopre la parete intestinale chiamato epitelio. Invece, già ad uno stadio precoce della malattia, un’alterazione della barriera dell’epitelio permette ai batteri di entrare all’interno del tessuto tumorale. L’immunofluorescenza è un metodo che viene utilizzato per individuare i vari tipi di cellule.

Con l’uso della "metagenomica", il gruppo di ricerca guidato dalla Prof. Giandomenica Iezzi, presso i laboratori di ricerca traslazionale dell’Ente Ospedaliero Cantonale, è riuscito ad identificare dei batteri particolari che sono presenti in gran numero nel tumore, ma non nel tessuto intestinale sano. Alcune di queste specie batteriche sembrano favorire lo sviluppo del tumore, in quanto capaci, in modelli sperimentali, di stimolare la proliferazione delle cellule tumorali e la loro resistenza ai trattamenti oncologici.

Il microbiota può però anche avere effetti favorevoli. Sono state individuate specie batteriche che producono sostanze in grado di rallentare la crescita tumorale o di stimolare il reclutamento di cellule immunitarie con un ruolo antitumorale.

Queste nuove informazioni aprono la strada alla possibilità di utilizzare l’analisi del microbiota intestinale come metodo aggiuntivo per rilevare precocemente la presenza di tumori intestinali. Inoltre, utilizzando antibiotici particolari si potrebbero eliminare i batteri che favoriscono l’insorgenza di tumori colorettali.

I trattamenti a disposizione

Le novità più importanti nella terapia medica del tumore del colon-retto sono rappresentate da due trattamenti specifici. Il primo è l’immunoterapia, che comprende una classe di farmaci che stimolano il sistema immunitario a reagire contro le cellule del tumore. Questo trattamento è attivo nei pazienti con tumori con anomalie genetiche che compromettono la riparazione del DNA, rendendoli meno sensibili alla chemioterapia tradizionale. I farmaci immunoterapici hanno stravolto la storia naturale di questi pazienti, arrivando ad ottenere ottime regressioni tumorali, e in alcuni casi addirittura la scomparsa del tumore, come spiega la PD Dr. med. Sara De Dosso, viceprimario allo IOSI.

La seconda novità, sempre frutto delle ricerche più recenti, riguarda la terapia a bersaglio molecolare (cosiddetta "target") con cetuximab ed encorafenib, due farmaci ad azione mirata che vanno a colpire specifiche "antenne" espresse dalle cellule tumorali. Anche questo è un esempio di come la conoscenza del profilo genetico del tumore sia fondamentale per ottimizzare il trattamento farmacologico e aumentare l’efficacia della terapia antitumorale.

Ulteriori speranze provengono anche dallo sviluppo di nuovi vaccini contro il tumore, sviluppati attraverso la tecnologia a RNA, la stessa usata contro il COVID-19. Non si usano farmaci, ma si insegna al sistema immunitario a combattere la malattia con le proprie forze.

Ogni tumore ha delle mutazioni genetiche che lo caratterizzano e che sono come etichette che distinguono le cellule malate. Il vaccino prende alcune di queste mutazioni e le usa come antigeni, cioè come bersaglio del sistema immunitario, che quindi si attiva contro il tumore. In una recente sperimentazione negli Stati Uniti, con un vaccino messo a punto da una biotech italo-svizzera, sono stati coinvolti 12 pazienti con tumore metastatico, ottenendo risposte straordinarie: a distanza di due anni 9 pazienti stanno bene, in alcuni al momento non c’è più traccia della malattia, in altri il male è regredito. La strada è quella giusta. La ricerca sta facendo passi da gigante e, grazie a questa aumentata conoscenza, si possono trasformare le analisi sperimentali in terapie mirate, sempre più precise ed efficaci per ogni paziente.

L’intervento chirurgico

La chirurgia dei tumori del colon e retto è al centro della cura multidisciplinare sotto la coordinazione del Prof. Dr. med. Dimitri Christoforidis, viceprimario del servizio di chirurgia all’Ospedale Regionale di Lugano. I progressi degli ultimi anni non riguardano solo le tecniche chirurgiche, ma anche la presa in carico pre- e post-operatoria. Secondo i casi, la somministrazione di terapie oncologiche prima dell’intervento può permettere una diminuzione del volume tumorale rendendo la chirurgia più agevole ed efficace. Nelle cure post-operatorie dopo la resezione intestinale, l’applicazione di nuovi protocolli di recupero accelerato ("ERAS") porta una riduzione dello "stress" chirurgico diminuendo le complicanze.

Per quanto riguarda le tecniche chirurgiche di resezione tumorale, l’approccio mini-invasivo con la laparoscopia (non si opera più in aperto con una grande incisione addominale centrale, ma con una telecamera e strumenti sottili inseriti attraverso piccoli taglietti all’addome) è diventato oggi lo standard. Anche per tumori molto vicini alla parte terminale dell’intestino (nel retto), si riesce nella maggior parte dei casi a operare in tecnica mini-invasiva e a ricostruire la continuità intestinale, evitando al paziente la confezione di un’uscita artificiale definitiva (il cosiddetto "sacchetto").

La grande novità tecnologica degli ultimi anni è senza dubbio la chirurgia robotica. Il robot permette al chirurgo di eseguire interventi con una precisione del gesto maggiore, operando attraverso una consolle, staccata dal letto operatorio.


Il robot Da Vinci all’opera

Oltre ai benefici già riconosciuti, in un futuro molto vicino, si prospettano ulteriori vantaggi di sicurezza chirurgica tramite l’integrazione di informazioni nell’immagine tridimensionale che vede il chirurgo mentre opera. L’obiettivo rimane sempre di rendere questo passaggio "sotto i ferri", quando indispensabile per la cura del paziente, il meno traumatico e più efficace possibile.

*Primario, Servizio di gastroenterologia ed epatologia, Ospedale Regionale di Lugano, professore ordinario di gastroenterologia, facoltà di Scienze Biomediche, Università della Svizzera italiana

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