La Svizzera, un Paese più aperto di altri su temi etici cosiddetti sensibili – si pensi al ricorso al suicidio assistito – è la Nazione che dispone di una delle legislazioni maggiormente restrittive in materia di procreazione assistita, tecnica destinata ad aiutare quelle coppie che desiderano concepire un bambino ma che non lo possono fare perché infeconde, senza dimenticare quei genitori che sono portatori di gravi malattie ereditarie le quali non solo sono trasmissibili al neonato, ma potrebbero ingenerare gravi problemi alla mamma già durante la gravidanza. La procreazione assistita attualmente non è proibita in Svizzera. Ma l’accesso a questa pratica sottostà a regole molto dure. Per ogni intervento possono essere concepiti in provetta solo tre embrioni i quali, a loro volta, devono essere tutti immessi nell’utero della futura mamma. Soprattutto è impedita la diagnosi preimpianto sugli embrioni. È così vietato il loro congelamento. Questa regola porta, in certi casi, ad un parto gemellare (non privo di rischi per la puerpera) o ad un fallimento (talvolta accompagnato a un aborto spontaneo). Il nuovo articolo costituzionale in votazione il prossimo 14 giugno mira ad abbattere ostacoli che non sono al passo con l’evoluzione della tecnica medica cancellando il rischio di effetti non solo indesiderati, ma soprattutto rischiosi. Si tratta, in buona sostanza, di permettere la creazione di un numero sufficiente di embrioni per ogni intervento (nella legge di applicazione le Camere hanno fissato un tetto massimo di dodici) e il congelamento temporaneo di quelli non utilizzati. Grazie alla diagnosi preimpianto sarà pure possibile determinare quegli embrioni che danno la possibilità di una gravidanza senza problemi (sia per la mamma prima che per il nascituro) e, soprattutto, di immetterne uno solo nell’utero (evitando così, in particolare, i parti gemellari) conservando i rimanenti per eventuali ulteriori interventi. La questione, descritta in questi termini, sembra essere il risultato di un freddo processo tecnico che non tiene conto dei sentimenti e, soprattutto, dei valori, che si accompagnano da sempre alla maternità. Si potrebbe aggiungere un altro interrogativo. È davvero un diritto per tutti, anche per coloro i quali non sono stati predisposti dalla natura a poter godere di questo bene, avere un bambino ? La risposta, a nostro parere, è sì se il percorso (peraltro difficile) si accompagna con l’amore per la creatura che sarà concepita. Un tracciato che oggi la scienza consente, come fa notare il consigliere federale Alain Berset nell’intervista che pubblichiamo a pagina due. Quello del diritto o meno ad avere un bambino non è il solo argomento messo in campo da coloro che si oppongono alla modifica costituzionale. Vescovi, evangelici e anche una frangia di ecologisti paventano il rischio di una deriva eugenetica. E, soprattutto, ciò che deve indubbiamente far riflettere, sulla possibile (non obbligatoria) soppressione di quegli embrioni portatori di disfunzioni gravi che potrebbero portare alla nascita di un bambino non normalmente dotato. Si dimentica qui di evidenziare due cose: la Legge sulla interruzione della gravidanza permette già oggi l’aborto in situazioni di questo tipo con gravi sofferenze per le persone coinvolte quando si tratta di sopprimere un feto e non un embrione e, in secondo luogo, che in questi casi i rischi per la salute della futura mamma sono pesanti. I contrari corrono il rischio di cadere in un atteggiamento ipocrita.