Navalny era diventato popolare attraverso il web con i suoi video d'inchiesta: è stato un catalizzatore e un martire, ma non ha creato un polo unificante
Ucciso o lasciato morire in una colonia penale sperduta nella Siberia settentrionale, dove le temperature sono così basse che la nostra immaginazione fatica a figurarsele, secondo quanto hanno comunicato il 16 febbraio gli organi competenti russi è deceduto per cause che mai saranno accertate Aleksej Anatolevič Navalny, di anni 47, il più celebre ed efficace oppositore al regime di Vladimir Putin.
Avvocato, Navalny non era un politico in senso proprio. Era diventato popolare attraverso Internet, con la sua “Fondazione per la lotta contro la corruzione”. I video delle sue inchieste contro il malaffare raggiungevano milioni di visualizzazioni. Cadeva periodicamente nel mirino della polizia e dei giudici. Fermi e arresti a suo carico non si contano. L’elenco delle condanne politicamente motivate con le quali il Cremlino lo colpiva per zittirlo esaurirebbe da solo lo spazio di questo articolo: l’ultima è del 2022, per costituzione di organizzazione estremista. Il più recente tentativo di ucciderlo è stato l’avvelenamento dell’agosto 2020, da cui Navalny si era salvato grazie a un ricovero in Germania.
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Dietro le sbarre e dimagrito nel gennaio scorso
Oggi in Occidente Navalny è ricordato come “leader dell’opposizione russa”. La realtà è più cruda. Un tale leader, in Russia, non può esistere, perché non esiste una vera opposizione. La situazione è ancora peggiorata dopo la ripresa della guerra in Ucraina, il 24 febbraio 2022. Gli avversari del Cremlino formano una galassia dispersa di blogger, attivisti e commentatori: liberi ma inefficaci se fuggiti all’estero; incarcerati o morti se rimasti in Russia.
Navalny, finché libero, è stato di gran lunga il più organizzato e di maggior successo, ma non è mai riuscito a costruire una vera struttura politica. I contorni del suo programma erano piuttosto incerti. L’aggettivo “liberale”, spesso usato per definire lui e altri oppositori a Putin, ha in Russia un significato piuttosto diverso da quello che gli diamo noi. Le affermazioni di Navalny sulla guerra in Georgia, sulla Crimea e sulla crisi ucraina hanno fatto aggrottare le ciglia a molti, in Occidente. Il suo partito, Rossija Buduscego (“La Russia del futuro”), si è sempre visto rifiutare la registrazione ufficiale. In breve, tra il Navalny attivista e il Navalny politico correva una linea di confine. Sul terreno dell’attivismo i contorni della sua azione erano definiti; su quello della politica restavano piuttosto sfocati.
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‘Solo Putin dovrebbe morire in carcere’ sul cartello tenuto da una donna a Berlino
Il 17 gennaio 2021 Navalny era tornato in Russia, dopo le lunghe cure che lo avevano guarito dall’avvelenamento. Il giornalista tedesco Peter Tiede lo aveva intervistato più volte ed era con lui sul volo verso Mosca. Racconta che Navalny era perfettamente consapevole che rientrare in Russia avrebbe significato il carcere e forse la morte. Avrebbe potuto restare in Germania, ma lui non era un oppositore da tastiera. L’arresto, appena messo piede in aeroporto a Mosca, gli altri processi e l’ultima condanna hanno chiuso la sua straordinaria parabola di attivismo, sino alla morte in Siberia, nel gelido penitenziario costruito sui resti di un vecchio gulag staliniano.
Navalny muore lasciando un successo e un insuccesso: ha segnato la vita pubblica russa con il più efficace movimento di opposizione dell’era Putin, ma non è riuscito a costituire un polo unificante per l’opposizione, malata di inguaribili divisioni e personalismi che la condannano all’insignificanza.