laR+ L'analisi

Trump evasore o fallito

L'inchiesta del New York Times smaschera il castello di menzogne su cui il presidente ha costruito il proprio impero

30 settembre 2020
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Evasore, truffatore, o un semplice looser, un fallito. L’inchiesta che inchioda Donald Trump non giunge a nessuna conclusione, lascia aperte tutte le possibilità. Tutte poco fauste per l’inquilino della Casa Bianca. Il New York Times centra in pieno l’obiettivo, evidenzia la totale incongruenza di un uomo che millanta ricchezze miliardarie, che sbandiera infiniti successi ma che in realtà  versa al fisco quanto un senza tetto di Brooklyn o tuttalpiù un venditore di pretzel o ali di pollo fritto  di Coney Island. 

Il presidente reagisce scagliandosi con veemenza contro la “fake news”. Lui che in tre anni ne ha inanellate oltre 20mila (secondo il “fact checker” del Washington Post) di bufale se ne intende. Ne ha fatto la principale arma politica. Il quotidiano nuovayorkese precisa che quanto pubblica è esattamente quanto Trump ha dichiarato al fisco federale: nulla in 11 dei 18 anni presi in considerazione. Qualcosina lo ha poi versato: 750 dollari nel primo anno della sua presidenza, il 2017.

Un’ottimizzazione fiscale dubbia. E comunque fuori dalla norma. Benché scesa drasticamente negli ultimi decenni, l’aliquota per i miliardari si situa negli Stati Uniti attorno al 25%. Massicce deduzioni (tra le quali figurano 70mila dollari di parrucchiere per mantenere rigogliosa la vampata di capelli rossicci); spese di rappresentanza; trasporti: 210mila dollari a un fotografo della Florida per immortalare i V.I.P che giungevano nel suo resort di Mar-a-Lago; 747mila dollari per un consulenza immobiliare versati con ogni probabilità alla figlia Ivanka; 109mila dollari di spese di biancheria. E soprattutto debiti in scadenza, gigantesche perdite, registrate dai campi da golf (oltre 300 milioni) o dal Trump Hotel di Washington (55milioni) malgrado la presenza massiccia nelle sue stanze di lobbisti di ogni genere, a cominciare dagli ultra evangelici dell’Associazione Bill Graham. Sul fronte delle entrate presentano motivi di grande interesse i guadagni realizzati  all’estero, Dubai, Turchia o Azerbaijan, in buona parte per consulenze.

I giornalisti del quotidiano hanno scandagliato il complesso incarto che dal 2011 è sottoposto alle verifiche dell’agenzia federale delle tasse (Irs). Incarto che riguarda sia il patrimonio personale del presidente, sia l’intricato castello di società, almeno 500, che fanno capo a una holding, la Trump Organization. Vi è in particolare un rimborso fiscale molto dubbio, per una ammontare di oltre 70 milioni,  che la stessa Irs ha versato una decina di anni in seguito al fallimento – controverso- del complesso di Casinò di  Atlantic City, la Lase Vegas della costa orientale. Potrebbe costare al tycoon 100 milioni che andrebbero ad aggiungersi ad altri 100 milioni di debiti ipotecari in scadenza fra poco più di un anno.

L’immagine di un fallito sarebbe forse la peggiore in assoluto per lo spavaldo autore di “Think like a champion” e di “How to get rich”: proprio lui, protagonista del reality show “The apprendice” in cui silurava senza tentennamenti i looser, gli sconfitti della spietata logica capitalistica dell'  “homo homini lupus”. Ma anche le altre due alternative - evasore o scaltro ottimizzatore - potrebbero danneggiarlo. Tra lo zoccolo duro del suo elettorato (finora una sorta di fan club della classe medio bassa bianca), i “blue collar”, gli operai che gli consegnarono la vittoria nel 2016 potrebbero non gradire del tutto il fatto che il loro mentore miliardario le tasse non le paghi. Proprio lui che si presentava come “uno di loro”. Mentre loro, le tasse devono pagarle. Tutte.  

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