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Coronavirus, il rischio economico si è attenuato

Le imprese svizzere, stando a Ubs, si attendono un ritorno alla situazione pre-crisi in tempi più rapidi

(Ti-Press)

La fase più acuta dell’epidemia da coronavirus, tranne per alcune recrudescenze locali, sembra essere alle spalle. L’allerta sanitaria, come quella economica, è però ancora alta. Gli economisti di Ubs all’inizio dell’estate hanno sondato un campione di aziende svizzere e i risultati sono per certi versi sorprendenti: la stragrande maggioranza delle 2’500 imprese sentite si aspetta, nel medio termine (tra due anni), un ritorno ai livelli di fatturato e occupazione analoghi o superiori al periodo pre-Covid. Un ottimismo che si riscontra anche tra il centinaio di aziende ticinesi coinvolte nell’indagine. Secondo gli esperti la Confederazione e la Banca nazionale hanno reagito rapidamente e con forza, gettando le basi per una ripresa economica nei prossimi semestri. Il colpo però quest’anno sarà duro: il Pil (Prodotto interno lordo) è visto in calo del 5,5%. Si tratta di una performance negativa che non si registra da quasi mezzo secolo. Già dalla fine del terzo trimestre di quest’anno i segnali di un’inversione della tendenza dovrebbero essere visibili per proseguire nel corso del 2021 quando il Pil dovrebbe segnare un +4,4%. Non si tratterà di un recupero pieno, ma gran parte del fossato creato dal coronavirus sarà stato verosimilmente colmato. E questo grazie al forte impegno dello Stato, comunque declinato, che ha messo in campo risorse finanziarie importantissime sia sul fronte del mercato del lavoro (indennità per lavoro ridotto ed estensione dello stesso), sia per garantire la liquidità alle piccole e medie imprese attraverso ampie linee di credito garantite. Questa politica economica espansiva ha permesso nell’immediato di evitare un forte aumento della disoccupazione. Ora, però, per rendere sostenibile la ripresa serve che anche le imprese facciano la loro parte impegnandosi ad aumentare gli investimenti, una delle premesse per mantenere e creare posti di lavoro. Molto però dipende anche dallo sviluppo della pandemia, non solo in Svizzera o Europa dove sembra sotto controllo, ma anche nel resto del mondo. Le notizie che arrivano dagli Stati Uniti e dal Sud America non sono incoraggianti da questo punto di vista. 

Gli economisti di Ubs segnalano anche che il rallentamento delle attività economiche a causa del lockdown ha costretto le aziende a utilizzare sempre più forme flessibili di lavoro e soluzioni digitali. Quello del telelavoro e della digitalizzazione dei processi economici non è un tema nuovo. La crisi determinata dal coronavirus ha accelerato giocoforza questa tendenza che dovrà essere in qualche modo governata. Non per il semplice gusto passatista di vedere pericoli dall’innovazione tecnologica, ma per evitare forme di lavoro ulteriormente deregolamentate.

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