Nubi sempre fosche sul Mondiale di calcio russo del 2018. Mai in passato si era giunti al sorteggio per i gironi eliminatori senza certezze sul Paese ospitante la sua fase finale. Molteplici le ragioni: la tempesta sulla Fifa per le varie inchieste giudiziarie condite da arresti clamorosi, il presidente Blatter dimissionario vicino all’addio, la crisi politica Est/Ovest.
Il Ministero pubblico della Confederazione sta indagando sul presunto giro di tangenti per l’assegnazione dei Mondiali alla Russia (2018) e al Qatar (2022). Ha in mano il classico cerino per dare fuoco alla santabarbara. Se entro il prossimo 26 febbraio, data dell’elezione del successore di Blatter, dovessero venire fuori prove di imbrogli, il nuovo presidente Fifa non potrà far altro che chiedere una votazione riparatrice. Altrimenti, come potrebbe partire un corso improntato alla moralità ristabilita?
A fare pressione per un tale scenario sono soprattutto gli inglesi, scottati dalla sconfitta del 2010 contro la Russia e gli unici in grado di poter organizzare una fase finale in così breve tempo. Se il Qatar si trova a fronteggiare un campo avverso, composto dai club europei e dagli sponsor non disposti ad interrompere la stagione calcistica tra novembre e dicembre per dare spazio al campionato nel deserto, la Russia ha contro parte del mondo sportivo europeo e la politica continentale. Zibì Boniek, presidente della Federazione polacca, ha già chiesto ai colleghi se si possa giocare in un Paese implicato in una guerra (il conflitto nel Donbass). Il suo amico fraterno, Michel Platini, capo dell’Uefa e potenziale candidato alla ‘poltrona’ della Fifa, ha ascoltato attentamente. Il rischio che alcune squadre – come la Polonia o l’Ucraina – possano dare forfait, è altissimo. Sarebbe un precedente amarissimo.
Putin non è, però, disposto a farsi sfilare il Mondiale, che nelle intenzioni originarie doveva servire – insieme alle Universiadi di Kazan (2013) e alle Olimpiadi invernali di Sochi (2014) – da vetrina della Russia putiniana, risorta come potenza. A San Pietroburgo, oggi, il capo del Cremlino e Blatter formalizzeranno nei fatti un’intesa, basata sui voti del presidente Fifa dimissionario, quelli che gli hanno affidato il quinto mandato nel maggio scorso. Ossia, anche in caso di votazione riparatrice, africani, asiatici e membri di altri Paesi filo-Blatter sosterranno la Russia; in cambio l’ex colonnello dell’esercito svizzero potrà far eleggere al suo posto un proprio ‘delfino’. Una simile sfida al calcio europeo e sudamericano non si era mai vista prima!
Ma non è tutto oro quello che luccica. In Russia alcuni stadi non sono pronti, i costi s’impennano, la crisi non permette lussi. Inoltre, nella mentalità imperante organizzare significa vincere. A Kazan i russi schierarono le squadre maggiori, aggirando i regolamenti; a Sochi l’orgoglio fece ottenere risultati strabilianti in sport comunque di massa. Il benservito a Capello da ct della Nazionale di calcio ha invece sancito il fallimento del programma impostato nel 2012. Le chance di una figuraccia, pagata a caro prezzo, sono altissime. Ma sovvertire gli equilibri della Fifa è per il Cremlino un buon viatico nella lotta contro l’Occidente prevaricatore.