laR+ IL COMMENTO

Harvard, quel luogo ‘fisico’ da espugnare

Trump vede le università esclusivamente come generatori di reddito ed egemonia culturale, ovvero di potere, da conquistare per sé

In sintesi:
  • Va riconosciuto a Trump il consueto genio luciferino nel ritorcere contro la sinistra le sue stesse contraddizioni
  • Un ragionamento che rappresenta alla perfezione il rapporto ambivalente che le destre populiste hanno con i bastioni della cultura
Una nuova puntata tragicomica
(Keystone)
28 maggio 2025
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Giunti a questo punto, prima di scrivere dell’ennesima spacconata di Trump bisognerebbe forse aggiungere un disclaimer come quello che certi film o videogiochi fracassoni offrono alle persone fotosensibili: è possibile che il presidente degli Stati Uniti stia solo cercando di abbagliarci, di torcerci le budella, per distrarci da qualcosa di più importante che avviene allo stesso tempo in aree decisamente meno illuminate. Eppure, anche fosse un diversivo dall’economia che va male o da uno scenario internazionale in cui Trump ricorda sempre di più il giocatore di Risiko che alle due del mattino dà un pugno al tabellone, inveisce contro i dadi e se ne va a dormire sul divano, la crociata dell’amministrazione contro Harvard e le altre università della Ivy League merita un momento di riflessione.

Prima di tutto va riconosciuto a Trump il consueto genio luciferino nel ritorcere contro la sinistra le sue stesse contraddizioni: nell’ultima parte dell’amministrazione Biden, media e politici progressisti intruppati a sostegno di Israele avevano per primi maneggiato, o per lo meno accarezzato, le infamanti accuse di antisemitismo rivolte a chi negli atenei manifestava per Gaza. In questo senso Trump non ha fatto altro che prenderli alla lettera, e ritorcere contro i dem il loro stesso cinismo. Ma c’è qualcosa di più profondo in gioco.

“Ci sono molti americani che vogliono andare a Harvard”, ha spiegato il tycoon, motivando la sospensione dei visti di studenti e docenti stranieri (già a sua volta congelata da un giudice) e la successiva minaccia di tagliare altri 3 miliardi di fondi pubblici all’ateneo. Un ragionamento puerile, come spesso appaiono quelli di Trump, che allo stesso tempo rappresenta alla perfezione il rapporto ambivalente che le destre populiste globali hanno spesso verso i bastioni della cultura. Quel misto cioè di disprezzo e ammirazione, di odio e desiderio, che un esercito può avere nei confronti di un territorio avversario da conquistare, senza sapere bene se per bruciarlo fino a che non ci cresca più niente o per farne una nuova dolce patria.

Una destra insomma che prende alla lettera il miraggio occidentale della “cultura” e lo scambia per un luogo fisico da espugnare, ma nel farlo produce danni veri, perché bombardando un miraggio si colpisce comunque qualcosa. Ma soprattutto, e non è il solo caso di questi tempi in cui ci troviamo alle prese con questo tipo di contraddizione, una destra che sembra avere alla cultura un approccio più marxista della sinistra, a patto naturalmente che del marxismo si recuperi il materialismo e si scarti la dialettica. All’osservatore europeo pare inconcepibile che Trump sia disposto a sacrificare l’immenso patrimonio immateriale e di prestigio della più importante università al mondo, che ora rischia di perdere iscritti ed eccellenze didattiche, ma bisogna mettersi in testa che il presidente vede le università esclusivamente come mezzi di produzione, generatori di reddito ed egemonia culturale ovvero, in una parola sola, di potere, da conquistare per sé o da, male che vada, sottrarre ai propri avversari.

Questa è la tragicommedia di avere alla guida del mondo un uomo che ha nelle retine i leggendari occhiali a raggi X della fantascienza anni 50: Trump è capace di cogliere meglio degli altri alcune verità primitive del mondo, ma per contrappasso anche di fronte a quanto di più nobile e meraviglioso l’umanità sia in grado di esprimere vede soltanto corpi nudi.