Il presidente garantisce al Plrt almeno due cose: un cognome illustre e la certezza che con lui in sella i finanziamenti al partito non mancheranno
Di questi tempi in cui la realtà può essere modificata a piacimento – con l’aiuto dell’intelligenza artificiale oppure con Photoshop – il presidente del Plrt Alessandro Speziali, alla vigilia del congresso che lo ratificherà per altri quattro anni alla testa del partito, ha preferito affidarsi al vecchio e caro filtro “analogico” della narrazione auto-celebrativa e degli slogan à gogo, leggermente ritoccato con qualche piccolo tratto autocritico. Speziali è stato supportato nel suo compito, all’inizio di questa settimana, da un beatificatore a domicilio capace di renderlo ridicolo. Anche se al presidente liberale va comunque riconosciuto il merito di non essersi sottratto a nessuna delle domande che gli sono state poste, nemmeno a quelle più scomode, autovalutazione compresa. Infatti si è pure concesso la promozione proprio nello stesso momento in cui ha ammesso, incalzato dal suo portavoce (pardon, dal suo interlocutore), che la credibilità di un presidente di partito si gioca alle elezioni.
Un po’ di sana retrospettiva: alle ultime Cantonali il Plrt ha perso altri due seggi in Gran Consiglio; l’obiettivo del raddoppio in governo (bersaglio mancato alle elezioni del 2019, dove puntava a spodestare i socialisti) è completamente scomparso dai radar strategici e ad oggi, in prospettiva 2027, apparirebbe come una vera e propria chimera. A livello federale le cose non sono andate molto meglio: i liberali del presidente Speziali non sono riusciti a riconquistare il seggio agli Stati perso quattro anni prima, al momento dell’uscita di Fabio Abate. Non ce l’hanno fatta pur avendo schierato Alex Farinelli, l’enfant prodige abbandonato a sé stesso dal partito, il quale non ha avuto nessuna chance di fronte al ticket della destra nostrana composto da Chiesa e Regazzi; ticket molto più rappresentativo della visione politica bipolare di Speziali, rispetto a quella più trasversale (soltanto sui diritti civili, sia chiaro) incarnata da Farinelli.
Fatto sta che domani il congresso del Plrt dovrebbe, senza grandi sussulti, rinnovare la fiducia al presidente uscente per un ulteriore mandato. Cosa porta in dote Speziali? Almeno due cose: un cognome illustre e la garanzia che finché resterà in sella i finanziamenti al partito non mancheranno. Attributi che dovrebbero bastare, soprattutto se si tiene conto che la crisi di identità del Plr sembra talmente profonda da scoraggiare chiunque altro a proporsi quale valida alternativa per intraprendere un compito paragonabile a un’epopea.
Annientato quel poco di ‘R’ che restava (forse è giunta l’ora di compiere un atto di onestà e rivedere la sigla), con la strada politica di mezzo volutamente liberata a completo vantaggio del Centro, dopo aver trascinato il partito a ingolfare quella corsia tutta a destra in cui viene preso regolarmente a pesci in faccia dall’Udc (ultimo esempio in ordine cronologico: l’astensione democentrista – per puro dispetto – in Gestione all’ora di votare il rapporto sulla retromarcia col taglio dei sussidi di cassa malati proposta da Dadò e Agustoni, con i deputati Plr distratti a battibeccare per i posti che “contano” nel gruppo parlamentare e incapaci di nominare in tempo il sostituto di Caprara in Commissione, sostituto che gli avrebbe permesso di rimanere in maggioranza); in questo contesto la conferma di Speziali può anche essere vista come il sintomo più eclatante del precario stato di salute in cui verte il Plrt. Un deterioramento che nemmeno il più esperto truccatore del villaggio riesce ormai a mascherare.