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Martin Pfister, Markus Ritter e il fattore carattere

Si conferma la ‘regola’ che vuole l’Assemblea federale preferire i candidati più malleabili e meno spigolosi

In sintesi:
  • Il consigliere di Stato di Zugo non si è lasciato sfuggire occasione per rimarcare tutto ciò che lo distingueva dal suo ben più noto concorrente
  • Il lobbista più influente di Palazzo è rimasto imbrigliato nel ruolo che si è cucito addosso
Il giuramento
(Keystone)
13 marzo 2025
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C’è una frase che nelle ultime settimane il candidato Martin Pfister, sconosciuto ai più fuori dal suo cantone, ha spesso ripetuto, anche nell’intervista concessa al nostro giornale, quasi scandendo le parole: “Io sono un politico d’esecutivo. Markus Ritter è un politico di legislativo”. Il consigliere di Stato di Zugo non si è lasciato sfuggire occasione, nel poco tempo a sua disposizione, per rimarcare tutto ciò che lo distingueva dal suo ben più noto concorrente.

Non solo l’esperienza politica. Anche la carriera militare (“Sono colonnello dell’esercito [mentre Ritter è un semplice appuntato, ndr]”; “La caserma mi è più familiare di Palazzo federale”). Ma soprattutto “il carattere” (“Siamo diversi, sia sul piano personale che su quello politico”), un aspetto che conta nel compassato microcosmo della Berna federale: il pacato, riflessivo e conciliante ‘ministro’ Martin Pfister da un lato; lo spigoloso, ostinato e divisivo lobbista dei contadini Markus Ritter dall’altro. Qualche anno fa, dopo aver esaminato i profili di 101 candidati e candidate al Consiglio federale tra il 1982 e il 2020, i politologi dell’Università di Berna erano giunti alla conclusione che l’Assemblea federale elegge soprattutto i ‘Lieben und Netten’, i cari e gentili (o simpatici). “Il carattere gioca un ruolo importante”, aveva spiegato alla ‘Nzz’ il politologo Adrian Vatter, coautore dello studio.

Difficile dire se quest’elezione suppletiva per assegnare la poltrona di Viola Amherd in Consiglio federale se la sia conquistata l’outsider Pfister, oppure l’abbia gettata alle ortiche il favorito Ritter. Certo è che il presidente della potente Unione svizzera dei contadini (Usc) ci ha messo del suo.

Abituato a vincere in Parlamento, nelle votazioni e nelle elezioni federali, al banco di prova supremo della concordanza – l’elezione di un membro del collegio governativo da parte dell’Assemblea federale – il consigliere nazionale sangallese ha fallito in pieno. Il lobbista più influente di Palazzo, l’uomo che si era detto pronto addirittura a “morire per la Svizzera”, è rimasto imbrigliato nel ruolo che si è cucito addosso, incapace di scrollarsi di dosso quell’immagine di politico ultraconservatore (per molti sarebbe stato “il terzo consigliere federale Udc”, oltre che il quinto ‘saggio’ con legami più o meno forti col settore agricolo) che ha sciaguratamente alimentato con frasi infelici sulle donne e l’esercito, facendosi riprendere fino alla nausea con le sue mucche nella stalla di famiglia, o mentre prega in chiesa assieme al figlio. “L’impero di Ritter” (‘Nzz’), che lui non è riuscito a trasformare in base di consenso trasversale (oltre l’Udc, oltre l’ala più conservatrice del suo partito e del Plr), si è così sciolto come neve al sole. Smentendo (o meglio: confermandola, in quanto eccezione) la regola che vuole un candidato ‘esterno’ quasi sempre perdente se inserito in un ticket assieme a un membro del Parlamento federale.

Abbiamo ora un Consiglio federale con due sole donne, oltre che attempato (Pfister ha 61 anni, i colleghi di governo vanno dai 57 ai 65), un po’ più vicino al mondo accademico (il neoeletto è di formazione storico), forse spostatosi leggermente più a destra. La ripartizione dei dipartimenti (sarà decisa venerdì) non dovrebbe mutare (a Pfister andrà verosimilmente quello vacante della Difesa). Salvo clamorose sorprese, la partita che conta – quella tra liberali-radicali e ‘centristi’ per il secondo, vacillante seggio del Plr – è rimandata a fine legislatura, dopo le prossime elezioni federali.