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Nella terra di nessuno

Pacifisti e bellicisti, il dibattito si fa sempre più aspro. Armarsi per difesa promuovendo al contempo una cultura della pace non è proprio possibile?

In sintesi:
  • O ti arruoli nel battaglione Scurati o offri un fiore a Putin. La via di mezzo non esiste più
  • Le auto sono dotate di airbag, non per questo guidiamo nella speranza o con l’intento di andare a sbattere contro qualcuno
Guerra e pace, dibattito infinito
(Keystone)
12 marzo 2025
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Come in ogni trincea che si rispetti, anche in quella dialettica scavata tra favorevoli e contrari al piano di riarmo europeo resta nel mezzo una terra di nessuno: sotto tiro da entrambi i lati e quindi spopolata, abbandonata per non finire nel fuoco incrociato delle parole, sempre più rabbiose e aggressive, al di là del livello di bellicismo-pacifismo di chi le pronuncia.

In questi tempi liquidi e virtuali, in cui a molti basta barricarsi nel proprio fortino ideologico a scambiarsi pacche sulle spalle con i compagni d’armi (o di disarmi) per sentirsi soddisfatti – senza però fare davvero i conti con la realtà –, stare nel mezzo non sembra nemmeno più una posizione, ma solo un compromesso di comodo, un atteggiamento pilatesco da vecchi democristiani. Ecco, non lo è. Anzi, è l’unica via per uscire da questa dicotomia stucchevole tra “pacifisti da divano” e “interventisti da divano” (questa l’accusa incrociata che vola da un divano all’altro). Una cagnara iniziata con l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi che si è ulteriormente imbarbarita dopo l’entrata in scena – rigorosamente a gamba tesa, con accompagnamento di braccia tese – dell’autoproclamato re dei nuovi barbari, Donald Trump, uno che cataloga e divide il mondo basandosi su quanta paura fai agli altri, come la mafia.


Keystone
“Fate l’amore, non la guerra”

A incendiare il dibattito italofono è stato un testo di Antonio Scurati pubblicato su Repubblica, in cui l’autore di “M” usa toni dannunziani parlando di Occidente guerriero e di ex popoli combattenti rammolliti dagli agi delle democrazie liberali e non più in grado di combattere alcunché. Una teoria rozza e monodimensionale come certi personaggi malriusciti di un romanzo. Il fatto che sia uscita dalla penna di uno scrittore che ha maneggiato – con successo – parole che girano attorno alla guerra lascia perplessi. Così come la risposta pavloviana della corrente pacifista “senza se e senza ma”, che con toni tutt’altro che pacifici attacca non solo Scurati, ma anche chi si permette di ricordare che stendere tappeti rossi ai dittatori non è mai stata una buona idea.

Senza una risposta militare Kiev sarebbe stata presa in tre giorni. E, come ha detto il segretario di Stato Usa Marco Rubio, oggi i russi sarebbero al confine polacco. Curioso poi che chi vuol far deporre le armi a Zelensky e non vuol far comprare nemmeno una cerbottana alla Nato spesso sostenga Hamas (confondendo i sacrosanti diritti dei palestinesi con i metodi usati da un gruppo terrorista). Ma se il pacifismo di chi crede, magari in buona fede, che consegnarsi con un fiore in mano a Putin sia una buona idea, è perdonabile, non lo è quello di chi – come Marco Travaglio e Matteo Salvini in Italia e Massimiliano Ay e l’Udc in Svizzera – col pacifismo a tasso variabile ci campa (alcuni, magari, persino in rubli).


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Antonio Scurati

Davvero possiamo scegliere solo tra metterci un elmetto in testa e arruolarci nel battaglione Scurati o diventare sorridenti ballerini da musical pronti ad aggiungere un posto a tavola a chi ci invade il salotto con un carro armato?

È davvero così difficile, stretti tra Putin e Trump, pensare a un riarmo europeo a scopo di deterrenza senza instillare nella società una cultura della guerra? Promuovendo, anzi, il più possibile quella della pace.

È così disdicevole farsi trovare pronti davanti a un’eventuale minaccia militare mettendosi in testa che quella minaccia mai e poi mai dovremo essere noi? Nelle automobili mettiamo gli airbag per proteggerci in caso d’incidente. Non per questo guidiamo cercando di provocare uno scontro per il gusto di usarli.


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Anniversario del D-Day a Omaha Beach