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L’arroganza della ricchezza

Il video diffuso da Trump sulla nuova Gaza e il discorso di Santanchè alla Camera si somigliano molto, sono il manifesto di portafogli pieni e anime vuote

In sintesi:
  • Mette tristezza questa gente stracarica di soldi e opportunità, ma povera d'immaginazione quando si tratta del rappresentare il vivere bene
  • C'è altro oltre a Las Vegas e il Billionaire, ce lo insegna una parola bosniaca: “Komsiluk”
Soldi, soldi, soldi
(Keystone)
28 febbraio 2025
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In questi giorni girano due video altrettanto inquietanti. Uno l’ha diffuso Donald Trump, l’altro arriva dal parlamento italiano. Mostrano l’arroganza del potere e della ricchezza con immagini e messaggi che appaiono da subito esagerati e deformi, a tal punto da sembrare entrambi generati dall’Intelligenza artificiale. In quello smaccatamente falso c’è la Gaza del futuro vista con gli occhi del presidente americano. Inizia con due bambini che scampano alla guerra, attraversano un tunnel e finiscono in una Gaza a metà tra una Las Vegas di mare e una Pyongyang distopica, dove ci sono enormi statue d’oro di Donald Trump, grattacieli, macchine di lusso, un festante Elon Musk sulla spiaggia sotto una pioggia di dollari, bancarelle stracolme di gioielli e Netanyahu a bordo piscina con un cocktail in mano.

A infastidire – ancor più del messaggio ormai reiterato sulla deportazione dei palestinesi per far posto alla ricca Trump Riviera mediorientale – è dover assistere all’idea di benessere che portano avanti questi ricchi privi di tatto, decenza, estetica e buongusto, nel cui manuale del vivere bene ci sono solo casinò, pacche sul sedere alle danzatrici del ventre e hotel a cinque stelle con il servizio in camera.

Mette tristezza come gente così piena di soldi e opportunità, teoricamente in grado di potersi permettere qualsiasi tipo di esperienza, abbia così poca immaginazione da non riuscire ad andare oltre a un pacchianissimo set buono per un remake di “Una notte da leoni” per incarnare l’idea dell’agiatezza e dello svago.

Nell’altro video inquietante che ci sta rimbalzando sugli schermi, la protagonista (intelligente chissà, artificiale di sicuro) è quel che resta – sotto mille strati di Botox – di Daniela Santanchè, ministra italiana del Turismo, che si è difesa in aula dalle accuse di falso in bilancio e truffa all’Inps e dalla richiesta di dimissioni delle opposizioni con uno sfrontato elogio della ricchezza in cui ha citato il tacco 12, il suo “vestirsi bene”, le borse di Hermès e il Billionaire di Briatore. Il tutto chiuso da uno sprezzante: “Io sono tutto ciò che detestate. Lo rappresento plasticamente. Voi non volete combattere la povertà, ma la ricchezza”. La performance di Santanchè, proprio come la Gaza di Trump, è un concentrato di appariscenza che trasuda trascuratezza morale, di apparenza che prova a nascondere un vuoto, culturale e interiore, come le finte facciate-modello che venivano messe dinanzi alle case decrepite dei villaggi sovietici quando passava in visita Stalin.

Sarebbe bene ricordare ai Trump e alle Santanchè che, a vari livelli, disprezzano tutti coloro che non condividono né il loro status né lo spessore del loro portafoglio, che il mondo è grande, vario e non finisce a Mar-a-Lago o al Twiga. E che l’altezzoso disprezzo è una moneta che non viene accettata ovunque.

In Bosnia, ad esempio, esiste una parola, “komsiluk”, che riassume i cari, vecchi rapporti di buon vicinato. Gli agenti immobiliari considerano il “komsiluk” tra le variabili più importanti per definire il prezzo finale di un immobile. Magari di per sé una casa può essere piena di difetti e non costare molto, ma dei buoni vicini possono aumentarne il valore. Perché i rapporti umani – anche se qualcuno che guarda tutti dall’alto della piramide sociale pare essersene dimenticato – sono un patrimonio che non si alimenta con dazi e contratti capestro sulle terre rare, un bene non calcolabile in borse di Hermès. Essere ricchi e saper vivere con decoro restano cose molto diverse.