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Crosetto, Moratti e i sei gradi di separazione

Per arrivare da una persona all’altra si dice che servano cinque passaggi. Quando hai i soldi, anche se li spendi male, sono molti di meno

In sintesi:
  • La rete di relazioni è fondamentale, e a certi livelli è tutto talmente facile che si rimedia anche agli errori 
  • Davvero si può versare un milione di euro in un conto all’estero senza battere ciglio e pensando di non avere nulla indietro?
Guido Crosetto armeggia con il suo cellulare
(Keystone)
15 febbraio 2025
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C’è un film, “Sei gradi di separazione”, basato sull’omonima teoria: quella secondo cui ognuno di noi sarebbe collegato a qualunque altra persona nel mondo attraverso una catena di conoscenze e relazioni con non più di cinque passaggi. L’avvocato di Johannesburg raggiungibile in poche mosse dal pescatore islandese così come un qualsiasi ticinese e un aborigeno australiano.

La tecnologia ha ulteriormente accorciato questa distanza, riducendola a quattro passaggi (così sostiene uno studio del 2011 della Statale di Milano che si è basato sulle amicizie, spesso solo virtuali, di Facebook). Cosa può assottigliarla ancora di più? Soldi e potere, ovviamente. Accadeva nel film del 1993, dove – in un’era preinternet – un elegante affabulatore (Will Smith) entrava nelle case di coppie facoltose fingendosi amico dei figli nonché lui stesso figlio di Sidney Poitier, sottraendo loro denaro, proprietà e sicurezze costruite nell’arco di una vita. Accade nella realtà, dove la distanza tra alcuni dei più noti e ricchi imprenditori d’Italia (Moratti, Beretta, Della Valle, Tronchetti Provera…) e il ministro della Difesa Guido Crosetto, vero o falso che sia, è calcolabile in una telefonata.


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I protagonisti di “Sei gradi di separazione”

Ricapitoliamo. Nei giorni scorsi, alcuni tra i più facoltosi uomini d’Italia sono stati contattati da truffatori che, fingendosi il ministro Crosetto (o un suo emissario), chiedevano di depositare centinaia di migliaia di euro in conti all’estero con la promessa che sarebbero stati usati per liberare alcuni giornalisti incarcerati in giro per il mondo. Alcuni hanno temporeggiato, subodorando la fregatura; altri, come il petroliere ed ex presidente dell’Inter Massimo Moratti, non ci hanno pensato due volte, versando l’obolo come richiesto dal ministro che non era il ministro.

Alla fine Moratti ha chiamato Crosetto (di cui non aveva il numero, ma i passaggi per trovarlo sono stati di sicuro meno di cinque) e da lì è partita un’indagine. I soldi di Moratti, 980’000 euro, erano tanti, per di più se si pensa alla modalità. Ma lui è un generoso avvezzo ad alcuni affari non proprio vantaggiosi: ancora si parla, dopo decenni, dei 30 miliardi di lire per l’oggetto misterioso Vampeta, centrocampista brasiliano rispedito indietro dopo 8 partite.

A prescindere dalla buona fede e dalla munificenza di Moratti e degli altri truffati, viene da pensare male: ovvero che ci sia, se non proprio un’abitudine consolidata, almeno una connivenza tra potere economico e politico, per cui se il ministro alza la cornetta e chiede un sostanzioso contributo, non ci si fa troppe domande. Si paga immaginando (sapendo?) che in qualche modo quel denaro, al momento opportuno – sotto altra forma – tornerà indietro.


Keystone
Massimo Moratti

Se in questa vicenda c’è una cosa che fa più paura dei truffatori, sono proprio i truffati, gente che ha a libro paga migliaia di dipendenti e fa girare l’economia, ma poi cade davanti a una telefonata come una nonnina indifesa, reagendo a un raggiro con un “sembrava vero” (Moratti dixit) come bambini davanti al loro primo prestigiatore. Ma se la nonnina, o chi per lei, deve quasi sempre rassegnarsi a dire addio ai pochi averi versati incautamente sui conti altrui, i soldi di Moratti sono stati ritrovati e messi al sicuro in 48 ore. A certificare che anche i gradi di separazione dal proprio denaro incautamente elargito cambiano a seconda dello status.