Davos deve molto a questo appuntamento, definito la mostra commerciale più costosa al mondo, che ne fa un centro di potere planetario
Infilato fra la tregua israelo-palestinese e l’entrata in carica di Donald Trump, anche quest’anno, fino a domani, va in scena l’annuale World Economic Forum di Davos. Un’occasione unica di confronto per politici di alto rango, amministratori delegati di aziende multinazionali, con la folta schiera dei loro tirapiedi: consiglieri, addetti stampa, segretarie e autisti delle limousine scure che, per cinque giorni, fanno avanti e indietro lungo le vie della cittadina grigionese, che ospitando il Wef si è ulteriormente arricchita, diventando un centro di potere mondiale. Grazie all’economista Klaus Schwab, che l’ha fondato nel 1971, l’ha presieduto per 54 anni e che ha già annunciato l’intenzione di passare la mano, entro questo stesso mese di gennaio. Anche se l’86enne Schwab rimarrà a vegliare sulla sua creatura da dietro le quinte, con un ruolo non esecutivo. Davos, d’altronde, gli deve molto. Monetizzando sicuramente più che con Thomas Mann, il quale la rese celebre con il romanzo “La montagna incantata”.
Chi è stato a Davos almeno una volta durante il Forum ha avuto l’impressione di venire proiettato in una cittadina del Klondike, caro a Jack London. C’è la neve, l’alcol scorre a fiumi, i ristoranti servono una portata dietro l’altra, è pieno di avventurieri e non mancano le “donnine allegre”, che lì si trasferiscono da mezza Europa, con tariffe a molti zeri, che poi bisogna capire su quali conti spese finiscano.
Nel suo oltre mezzo secolo di presidenza Schwab ha sempre visto giusto e lontano, intuendo non solo i movimenti dei mercati e l’orientamento dell’economia, ma pure dove andava a parare la società. Così, oltre a capi di Stato, consiglieri federali, commissari Ue e, da un po’ di tempo a questa parte, l’immancabile Zelensky, l’emergenza climatica ha portato a Davos la “suffragetta” dell’ambiente Greta Thunberg, sorta di convitato di pietra per tutti quei capoccioni che, arrivando a Zurigo in jet privato, poi salendo a Davos in elicottero, quindi facendosi scarrozzare in berline di lusso, dei guasti provocati dal CO2 non sembrano darsi la pena.
Per Greenpeace i jet privati utilizzati durante l’edizione 2022 del Forum hanno provocato, in una settimana, il CO2 di 350mila automobili. Queste ultime, pure, non sono esenti da colpe, visto che, circolando di continuo, trasformano l’aria di montagna in quella di una città del terzo mondo. Il maître di un ristorante del centro mi ha raccontato, al riguardo, un episodio, protagonista Benjamin Netanyahu. Il quale, essendo a pranzo nel locale e avendo caldo, ha chiesto di aprire una finestra. Dalla quale è entrata una tale folata di gas di scarico, per cui il premier israeliano ha chiesto di richiuderla subito.
Si diceva che, a parte l’inquinamento, Davos deve molto a questo appuntamento. Durante la manifestazione gli appartamenti dei residenti e i negozi vengono affittati a prezzi stellari a espositori che non hanno problemi di budget. Anzi, che arrivano a costruire torri in legno temporanee. “Il Wef – ha scritto il quotidiano Handelszeitung – è la mostra commerciale più costosa al mondo”. Per poi aggiungere che “chiunque possa dire di essere presente al Wef conta qualcosa”. Con buona pace del Klondike e di Jack London.