laR+ IL COMMENTO

La destra e l'arte del pragmatismo

Lega e Udc non si piacciono, ma vedono la vita allo stesso modo. Le ‘pistolettate’ sono diventate sorrisoni, sinceri fino a un certo punto ma efficaci

In sintesi:
  • La vera partita sarà la conferma di Marco Chiesa agli Stati
  • Il maggioritario sarà il vero arbitro
  • Le Federali sono elezioni diverse dalle Cantonali
Corsa lanciata, le armi saranno sufficienti?
(Ti-Press/Davide Agosta)
26 luglio 2023
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Nell’alleanza Lega/Udc, la voragine tra le ‘pistolettate’ che rischiavano di partire prima delle Cantonali e i sorrisoni unitari distribuiti ieri in vista delle Federali è stata colmata con una buona dose di pragmatismo e di sonore pacche sulle spalle. Rimedi sinceri fino a un certo punto, ma solitamente efficaci. Leghisti e democentristi sono una coppia di sposi che non si piace ma che ha gli stessi obiettivi per il proprio futuro, e che preferisce quindi incamminarsi in una vita con forse poco romanticismo, ma all’insegna, è la speranza reciproca, di trovare insieme un percorso facile, tranquillo e coerente per scavallare assieme le avversità della vita.

Il lancio della loro campagna elettorale ha visto un protagonista dimenticato da un po’: il termine ‘Destra’. Più e più volte è stato usato da Marco Chiesa, Piero Marchesi, Lorenzo Quadri e Daniele Caverzasio a voler dimostrare che le parole sono importanti e che la profilazione è sentita anche da quella parte politica. Ma ancora più indicativo delle settimane che ci separano dal rinnovo delle Camere federali è l’aver compreso una volta di più che Lega e Udc attaccheranno a testa bassa su tutta la loro agenda, con la granitica convinzione di avere la ricetta migliore per la risoluzione dei problemi. Anche se il popolo ad esempio ha dimostrato recentemente di avere tutta un’altra idea di politica energetica, con il 59% dei votanti che non più tardi del 18 giugno ha sostenuto la nuova legge sul clima nonostante Quadri, davanti alla stampa, sempre ieri abbia detto che si tratta di una legge “autolesionista” e “imposta al Paese dal centrosinistra”.

Ma la ‘derecha’ gagliarda e tosta sembrerebbe andare oltre anche alle bocciature popolari con una discreta nonchalance, così come non si perde in chiacchiere o in corse a chi è più puro quando si tratta di stringere alleanze. Basterà per ottenere un buon risultato in autunno e raggiungere gli obiettivi che sono, per loro stessa dichiarazione, il terzo seggio d’area al Consiglio nazionale e la conferma di Chiesa al Consiglio degli Stati? Eviterà il ritorno delle ‘pistolettate’ per conquistare l’ipotetico terzo seggio?

Nella Camera bassa c’è un posto che balla, e il presidente del Centro Fiorenzo Dadò in più occasioni ha già menato fendenti verso destra e sinistra perché la non ricandidatura di Marco Romano pone il fu Ppd nella condizione di non avere due uscenti su cui contare, che in un’elezione sono cavalli da traino. Il buon risultato di Lega e Udc per il Consiglio di Stato ticinese in aprile, dovuto a una competizione interna che ha mobilitato e soprattutto fatto parlare di sé attirando più di qualche riflettore, con lo stesso schema ‘Odi et amo’ potrebbe riconfermarsi in ottobre. Con una differenza, però: quella delle Federali è tutta un’altra partita.

E in questa partita, nel trionfo di doppie candidature per Consiglio degli Stati e Consiglio nazionale – il festival del paracadute –, la decisione di Marco Chiesa di correre solo per la riconferma alla Camera dei Cantoni è l’andare ‘all in’ da parte del presidente del primo partito svizzero. “Bisogna avere coraggio e credere in sé stessi”, ha detto ieri lo stesso Chiesa. Ma il rischio che il pragmatismo e le pacche sulle spalle non bastino c’è. Per questo la chiamata alle armi non solo da parte dell’Udc, ma anche della Lega mostra che la vera priorità sarà il mantenimento del seggio agli Stati. Elezione dove i candidati di spessore non mancano, e dove il maggioritario potrà fare il resto.

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