laR+ IL COMMENTO

Deduzione premi: vantaggio o fregatura? La matematica non mente

È difficile pensare che la cittadinanza andrà contro un possibile risparmio fiscale, seppur iniquo ed esiguo per buona parte della popolazione votante

In sintesi:
  • Ciò che sembra sfuggire al Partito socialista è il contesto
  • I sostenitori della modifica assicurano che si tratta di una ‘misura concreta a favore del ceto medio’
  • La votazione (andata come è andata) contro il Decreto Morisoli in teoria avrebbe dovuto insegnare qualcosa
Si vota il 18 giugno
(Ti-Press)
2 giugno 2023
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La matematica non mente. In un modello tributario basato su un’aliquota progressiva, a trarre maggior beneficio – in termini assoluti – da qualsiasi tipo di deduzione fiscale lineare sono le fasce di reddito più alte. Non hanno quindi tutti i torti i socialisti quando definiscono una “fregatura” la modifica della Legge tributaria approvata dal Gran Consiglio, che prevede una deduzione di 1’200 franchi per i premi di cassa malati di ogni figlio a carico. Modifica legislativa contro la quale la sinistra ha lanciato un referendum e che verrà dunque sottoposta al voto popolare il prossimo 18 giugno. Di fatto, la proposta accolta dal parlamento lo scorso mese di dicembre sembra essere un tentativo piuttosto banale di dare una risposta “semplice” (semplicistica sarebbe il termine più appropriato) a un problema molto complesso: quello dell’aumento inarrestabile dei premi di cassa malati. Problema che dovrà più presto che tardi essere affrontato a livello federale.

Nel mentre, in Ticino, i sostenitori della nuova deduzione fiscale (Lega, Udc, Plr e Centro) assicurano che si tratta di una “misura concreta a favore del ceto medio”. I calcoli però divergono: i favorevoli alla riforma – citando le cifre fornite dal Consiglio di Stato – parlano di effetti tangibili (300-350 franchi di risparmio annuo sulle imposte) per una famiglia con due figli e un imponibile di 65mila franchi. I contrari affermano invece che per le famiglie con un reddito disponibile inferiore ai 100mila franchi non ci sarà alcun beneficio.

Indipendentemente dalle cifre però, ciò che sembra sfuggire al Partito socialista è il contesto: oggi come oggi è difficile pensare che la cittadinanza vada contro un possibile risparmio fiscale, seppur iniquo ed esiguo per buona parte della popolazione votante. Di fronte agli aumenti dei premi di cassa malati, all’inflazione, ai salari che stagnano, agli affitti che rischiano pure di salire di qualcosa, ogni franco risparmiato diventa quasi irrinunciabile per i più, anche se ciò va contro certi validi principi. Sono le regole del gioco: la gente – in particolare il famigerato ceto medio al quale tutti si rivolgono – vota prima con la tasca, poi con la testa. È successo con l’imposta di circolazione, succederà molto probabilmente ora con questa deduzione fiscale, e se non ci sarà un radicale cambiamento di paradigma accadrà quasi con certezza in un futuro prossimo, quando si tratterà di pronunciarsi sul valore del canone radiotelevisivo.

È vero, pensare a ulteriori sgravi fiscali che favoriscono maggiormente i più ricchi mentre si insiste sulla necessità imperiosa di risanare le finanze pubbliche “costi quel che costi” è un discorso ipocrita che infastidisce. Ma prima di lanciarsi in nuove crociate dall’esito piuttosto scontato, sarebbe auspicabile che il fronte progressista facesse una seria riflessione sulle proprie capacità di mobilitare una base sufficientemente ampia per rimettere in discussione certe scelte che stanno condizionando la politica economica del Cantone. La votazione (andata come è andata) contro il Decreto Morisoli in teoria avrebbe dovuto insegnare qualcosa: contarsi prima di tuffarsi nella piscina referendaria non guasta mai. La matematica non mente.

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