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Carri armati a mezzanotte

La Germania sblocca la fornitura di Leopard, che aiuterà l’Ucraina, ma indispettisce il Cremlino

In sintesi:
  • L'Orologio dell’Apocalisse ora segna solo “90 secondi” alla guerra nucleare. La crisi s’inasprisce
  • L’impasse è il destino delle guerre moderne (vedi Siria), anche questa sembra seguire questa logica
Un carro armato Leopard in azione (Keystone)
26 gennaio 2023
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Alla fine Olaf Scholz ha ceduto. Le pressioni esterne congiunte degli alleati europei e americano, oltre a quelle interne di Verdi e Liberali, alleati nella coalizione di governo, hanno avuto la meglio sulle sue reticenze. La Germania si porta ancora incollato addosso lo stigma di quel "passato che non passa".

Per sbloccare la fornitura dei preziosissimi Leopard 2, il cancelliere tedesco chiedeva che gli americani facessero la prima mossa: l’annuncio della fornitura dei (pesanti e poco maneggevoli) Abrams M1. Così è stato, Biden ne manderà 31. Polonia, Norvegia, Finlandia, Spagna e altri Stati potranno ora contribuire al sostegno a Kiev inviando a loro volta decine di tank tedeschi. In tutto, si stima, due battaglioni di 80 carri armati da combattimento (sui 2’000 in dotazione agli eserciti europei).

L’Orologio dell’Apocalisse

Kiev naturalmente saluta la svolta, una buona notizia nel bel mezzo del repulisti per la corruzione dilagante (forse il tratto che più accomuna i due Paesi belligeranti) e in un momento in cui la controffensiva militare sembra insabbiarsi. La caduta di Soledar a est è ormai confermata mentre si intensificano i combattimenti a Zaporizhzhia, più a sud. Un’escalation "estremamente pericolosa" secondo il Cremlino le cui linee militari in territorio occupato potrebbero essere sfondate proprio grazie ai Leopard e consentire agli ucraini di avanzare per distruggere il ponte di Kerch fra la Russia e la Crimea illegalmente annessa.


Olaf Scholz durante l’annuncio (Keystone)

Mosca si appresta ad annunciare nuovi massicci arruolamenti: la carne da macello non manca, così come la volontà di devastare tutti e tutto quanto resiste all’aggressione. Le lancette del Doomsday Clock (il Giorno del Giudizio) segnano 90 secondi prima della mezzanotte: se l’allarme del Bulletin of Atomic Scientists viene di fatto ignorato è anche perché nessuno è in grado di definire una via d’uscita. La trattativa proposta da Mosca ha i contorni della farsa ("negoziamo ma a condizione che riconosciate le annessioni") e l’unica alternativa alla fornitura di armi all’Ucraina oggi sarebbe la sua resa. Al tempo stesso non ci sarà una vittoria militare in senso stretto, da parte di nessuno, secondo quanto ha ammesso lo stesso capo di Stato Maggiore americano Mark Milley.

L’impasse come destino

L’impasse è il destino di molte guerre moderne. Lo aveva già capito, nel contesto mediorientale, il presidente Barack Obama quando escluse il coinvolgimento militare americano in Siria contro Bashar al-Assad. È ancor più vero dopo un anno di mattanza russa: fallita l’offensiva a Kiev nel febbraio del 2022, in difficoltà per la controffensiva ucraina in estate, ora siamo di fronte a una terza insidiosa fase. Il ricorso al nucleare è stato più volte invocato da Mosca: uno scenario orripilante quanto reale in caso di attacco alla Crimea.

D’altra parte assecondare il ricatto atomico avvalorerebbe altrove l’opzione nucleare. La fornitura di tank non rende, stando al diritto internazionale, l’Europa co-belligerante, tuttavia la coinvolge ancor di più su una scacchiera dove nessuno è in grado di compiere la mossa decisiva. Vano (forse) anche speculare su una morte imminente di Putin: fin quando non emergerà una forte richiesta negoziale (ad esempio sulla base del riconoscimento russo delle frontiere del 23 febbraio 2022 in cambio di quello ucraino di un nuovo status della Crimea) non potrà concludersi l’ultimo atto del dramma.

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