laR+ IL COMMENTO

Sentenze, audit (Unitas)... opacità di Stato

Nonostante sia ancorata a una legge cantonale, la trasparenza resta in diversi casi l’eccezione

In sintesi:
  • Secondo il Consiglio di Stato l'accesso oggi ai verdetti giudiziari (motivazioni) non è soddisfacente.
  • Non sono garantiti il principio di pubblicità e la libertà d'informazione.
  • Massima chiarezza sul dossier molestie in seno all'Associazione ciechi e ipovedenti: il rapporto andrebbe divulgato.

 

 

Principi codificati
(Ti-Press)
20 gennaio 2023
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Il Cantone non registra solo un rilevante deficit finanziario: in Ticino c’è anche un deficit di trasparenza, non meno importante e preoccupante del primo. Per esempio con riferimento al potere giudiziario. La situazione per quanto riguarda le modalità di accesso dei cittadini alle sentenze, segnatamente alle loro motivazioni scritte, e alle udienze, in particolare a quelle su cause civili e amministrative, non è soddisfacente. Non lo sostiene il Gigi di Viganello, come direbbero in via Monte Boglia. Lo scrive il Consiglio di Stato, nel prendere posizione, recentemente, su una mozione con cui i deputati Dadò (il Centro) e Aldi (Lega) sollecitano "una maggiore pubblicità e informazione del potere giudiziario". Rincara il governo: "Concretamente non sono garantiti il principio di pubblicità e la libertà d’informazione". Insomma, secondo l’Esecutivo, oggi verrebbe disatteso ciò che sanciscono la Costituzione federale (articolo 16, capoverso 3: "Ognuno ha il diritto di ricevere liberamente informazioni, nonché di procurarsele presso fonti accessibili a tutti e di diffonderle") e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Andiamo male.

Difficile del resto dare torto al Consiglio di Stato: basta una rapida occhiata al portale online dell’Amministrazione cantonale destinato alla divulgazione dei verdetti per rendersi conto della sua inutilità pratica. Su questo sito la pubblicazione delle sentenze, annotano Dadò e Aldi nell’atto parlamentare, non è sistematica, ma frammentaria e lasciata al libero apprezzamento della singola autorità giudiziaria. Siamo dunque lontani anni luce dai criteri adottati dai tribunali federali nell’informare il pubblico: sui rispettivi siti la pubblicazione dei verdetti, seppur con i dati personali anonimizzati, è regolare. Leggendo le sentenze, i cittadini possono così apprendere i motivi per i quali i giudici hanno deliberato in un certo modo. Il controllo sull’amministrazione della giustizia si esercita infatti non soltanto assistendo a un processo, ma anche e soprattutto visionando le motivazioni del verdetto emesso dalla corte (o di un decreto di abbandono del procedimento penale). Tornando al Ticino, il governo assicura di voler migliorare presto il sistema di pubblicazione delle sentenze con il coinvolgimento della magistratura e dell’Ordine degli avvocati. Siamo fiduciosi.

Dalle decisioni del potere giudiziario a quelle di altri poteri dello Stato, il passo è breve. E qui pensiamo ai risultati dell’audit commissionato dal Dipartimento sanità e socialità sulla gestione dei casi di molestie sessuali e mobbing in seno a Unitas. Il relativo rapporto andrebbe divulgato, a maggior ragione quando è di mezzo un’associazione al beneficio (anche) di sussidi erogati dal Cantone. E andrebbe pubblicato, previa anonimizzazione per evitare il riconoscimento delle vittime, in tempi rapidi. Non bastano i comunicati riassuntivi diramati dal Dipartimento o le dichiarazioni dei vertici di Unitas. I cittadini hanno il diritto di vederci chiaro su questa vicenda. Una chiarezza che per l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio può attendere, considerata la sua intenzione di trasformare l’interpellanza di Marco Noi (Verdi) e cofirmatari sul tema in interrogazione, con conseguente risposta scritta (solitamente dai tempi lunghi) del governo ai quesiti. La tanto decantata trasparenza, nonostante sia ancorata a una legge cantonale, resta, per diversi dossier, soprattutto politicamente scottanti e soprattutto in campagna elettorale, l’eccezione. Il che in una democrazia è inammissibile.

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