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La macchinosa accoglienza dei rifugiati

Molti ucraini non hanno i mezzi per sopravvivere dignitosamente in attesa dello statuto di protezione S

In fila a Chiasso (Ti-Press)
6 aprile 2022
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Certi giorni, la fila per avere cibo al deposito a Pregassona (in via Merlecco) è lunga come quella al centro di registrazione di Chiasso. Settanta famiglie ucraine ogni giorno passano al deposito luganese in cerca di alimenti, vestiti primaverili, pannolini per i bimbi, scarpe, prodotti d’igiene e tanto altro. È gestito da due associazioni (Amicizia dei popoli e associazione umanitaria comunità bosniaca). C’è sempre un gran viavai, lo slancio di solidarietà è lodevole. Cittadini, associazioni, parrocchie, ditte, negozi, farmacie… ciascuno porta ciò che può. Ogni mattina il magazzino è pieno, ma la sera è tristemente vuoto. Tanta solidarietà è bella, ma quanto può durare?

Ci chiediamo perché tanti rifugiati non hanno cibo a sufficienza e nemmeno vestiti. Questa dovrebbe essere una responsabilità dello Stato. Il piano di aiuto c’è, ma la burocrazia ha i suoi tempi. Come le macchine di Tinguely – ha detto la consigliera federale Karin Keller-Sutter – serve tempo per avviarle, ma una volta in moto, funzionano. Chi riceve lo statuto di protezione S, oltre a cassa malati e scolarizzazione, ha diritto al forfait di sostentamento: 500 franchi mensili per una persona, 750 franchi per i coniugi, 317 franchi extra per un figlio minorenne, 268 dal secondo figlio e 500 per un figlio maggiorenne. Soldi che nessuno ha ancora ricevuto; le prime prestazioni dovrebbero essere erogate dall’11 aprile. Si deve aspettare, ma molti rifugiati non hanno mezzi per superare questo periodo di attesa. Chi è arrivato a inizio marzo, si è registrato ed è stato collocato in un appartamento, è da un mese che deve arrangiarsi. C’è chi ha dei risparmi, ma c’è anche chi è fuggito senza nulla e si deve mettere in fila per un pacco di riso. Una situazione, ci auguriamo, che si sistemerà.

Altre questioni sono aperte: brancola nel buio, chi ha messo a disposizione delle autorità appartamenti dove ospitare i rifugiati: le persone sono arrivate ma nessuno sa ancora quanto corrisponderà l’autorità. Chi offre alloggi non lo fa per business, ma per aiutare in un momento di emergenza. Come Susanna e il marito Gioacchino Carenini che con tanto impegno stanno aiutando (assieme alla Lega contro il cancro) due adolescenti malati di tumore che, con le rispettive madri, vivono in un appartamento di loro proprietà. Per uno, due, tre mesi funziona, ma poi? Nessuno ha ancora spiegato loro se ci sarà un rimborso qualsiasi.

Le regole variano da Cantone a Cantone. A Berna, ad esempio, chi accoglie rifugiati ucraini con lo statuto S, può chiedere, se lo desidera, un indennizzo di 195 franchi al mese e per persona. È già un aiuto.

I soldi ci sono e vengono dalla Confederazione. Tutti i Cantoni ricevono un rimborso per l’alloggio e il sostentamento dei rifugiati registrati. È una sorta di sussidio, circa 1’500 franchi al mese per cassa malati (400 franchi), affitto (200 franchi), assistenza sociale (600 franchi) e amministrazione (300 franchi).

Con questi importi si vive stretti. Tutto dipenderà da quanto a lungo durerà l’emergenza. L’accoglienza è molto impegnativa, passato l’entusiasmo iniziale, alcuni si stanno accorgendo di non farcela, anche economicamente. Un passo da considerare attentamente per non far rivivere ulteriori stress a chi fugge da una guerra.

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