Commento

Conti del Cantone e Covid, meglio attendere

La tregua politica sul Preventivo 2021 non reggerà alla prova dei fatti. Il mondo post pandemia non sarà quello che abbiamo conosciuto

(archivio Ti-Press)
4 dicembre 2020
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Tra una decina di giorni il Gran Consiglio sarà chiamato a votare un bilancio di previsione per il 2021 con un disavanzo di quasi 231 milioni di franchi. Un importo che è il risultato del combinato disposto del contemporaneo calo delle entrate e dell’aumento delle uscite e diretta conseguenza della crisi economica determinata dalle misure per contrastare l’epidemia di coronavirus. Il Ticino non è il solo a trovarsi in questa situazione. Altri Cantoni svizzeri presenteranno deficit importanti e pure la Confederazione immagina un disavanzo di un miliardo di franchi per il prossimo anno, decisamente contenuto rispetto al buco nei conti pubblici di 20 miliardi – presumibili – per quest’anno. Questo dato, anche se elevato, è comunque inferiore a quanto il Consiglio federale era pronto a investire la scorsa primavera per contrastare gli effetti economici negativi del lockdown. In quei mesi si parlava di pacchetti di aiuto – tra prestiti garantiti, indennità per lavoro ridotto, aiuti ai lavoratori autonomi e altri sostegni – fino a 65 miliardi di franchi. Alla fine ne è stata stanziata circa la metà. Questo per dire che ci sarebbe ancora ampio margine per rassicurare cittadini e imprese in caso di recrudescenza della crisi economica. Non sembra però che l’orientamento politico prevalente sia ancora quello di aiuti a pioggia. Lo dimostra il dietrofront federale sull’aiuto a chi – pur fermo non per sua volontà – ha dovuto sobbarcarsi l’onere dell’affitto per la sua attività commerciale durante il lockdown primaverile. Parliamo di piccoli commercianti, esercenti e lavoratori indipendenti, non di grande catene della grande distribuzione che hanno compensato in altro modo, con i canali digitali per esempio, il calo del fatturato dei punti vendita fisici. Un tema, quest’ultimo, che diventerà d’attualità in Ticino nelle prossime settimane visto che si pensa di utilizzare il credito ulteriore per i cosiddetti casi di rigore (un miliardo di franchi in totale, tra Confederazione e Cantoni) anche per venire incontro a queste persone.

Il cambio di tenore politico sulle finanze pubbliche è percepibile anche in Ticino. L’idea iniziale che a un evento inaspettato ed eccezionale si reagisce con altrettanti strumenti eccezionali di finanza pubblica sembra essere ormai lontana, anche se stiamo vivendo una seconda ondata epidemica, non meno grave dal punto di vista sanitario. Il Preventivo 2021, adottato senza stravolgimenti dalla Commissione della gestione questa settimana, appare una sorta di tregua armata. Non dividiamoci adesso sulle modalità di rientro, ma diamo tempo sei mesi al governo per presentare misure in grado di annullare, in tempi ragionevoli, almeno l’autofinanziamento che ora è negativo: è questo il sunto della tregua politica tra le forze di governo. Un accordo che difficilmente reggerà alla prova dei fatti. È già percepibile, infatti, come le ricette portino un’impronta ideologica che l’esperienza Covid-19 non ha scalfito per nulla: taglio della spesa e sgravi per la destra, aumento del carico fiscale e della spesa per la sinistra. Entrambe le misure, se attuate in un periodo recessivo che non avremo alle spalle a breve, non faranno altro che aggravare la situazione con il rischio di lasciare indietro molte più persone del necessario.

Non si può far finta che il mondo sarà così come l’abbiamo lasciato nove mesi fa. Sarebbe molto meglio che la tregua sui conti reggesse ancora per un paio di anni.

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