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Bellinzona e la Smart City: attenti al vecchio che resta

Il nuovo Quartiere Officine che rivoluzionerà il comparto sotto la stazione e la necessità di aiutare l'immediata periferia a modernizzarsi

Il mini Central Park così come immaginato dal team scelto dalla commissione d'esperti
24 ottobre 2020
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La prima cosa che balza all’occhio osservando i rendering del nuovo Quartiere Officine da 120’000 metri quadrati presentato giovedì dal Municipio di Bellinzona ed esposto in piazza del Sole fino al 7 settembre, è la generosa (eufemismo) corona di edifici prevista attorno al mini Central Park voluto come spazio d’aggregazione e relax aperto alla popolazione. Il progetto ‘Porta del Ticino’ scelto all’unanimità dalla commissione d’esperti inserisce una trentina di palazzi di 5-7 piani con destinazioni diverse che vanno dalla scuola ai commerci, da uffici a negozi, da appartamenti a cooperative abitative, fino all’insediamento di ricerca tecnologica che avvicinerà la Turrita e il Ticino al polo Zurigo e, non da ultimo, al riutilizzo della Cattedrale quale luogo comunitario, culturale e associativo.

Gli orti no e le serre idroponiche sì?

A stabilire questi contenuti è il Mandato di studio in parallelo deciso dall’autorità cittadina e affidato a cinque gruppi interdisciplinari di progettisti, tecnici e pianificatori. Su tutte l’ha spuntata l’idea urbanistica del “team_sa partners - Tam associati - Franco Giorgetta architetto paesaggista” che riunisce professionisti attivi a Zurigo, Milano e Venezia. Il mandato ha individuando nella Smart City un obiettivo a lungo termine per riorientare lo storico comparto industriale e riposizionare la capitale ticinese sull’asse di AlpTransit. Giorgetta, per intenderci, è un architetto paesaggista milanese che ha fatto dei parchi alberati il suo leit motiv. A tal punto da prevedere nel nuovo Quartiere Officine tetti piani e pareti verticali ricoperti di verde, edifici a bassissima dispersione energetica, nonché serre idroponiche alimentate da acqua piovana per la coltivazione di frutta e ortaggi fuori suolo. Quello che non si è voluto fare nella Bellinzona odierna (non ha mai attecchito l’idea di orti pubblici condivisi per contro da decenni ben radicata Oltralpe) lo si vuole affidare alla ‘città intelligente’ del futuro. L’iter è lanciato e le prossime fasi, fra cui il coinvolgimento della popolazione e l’elaborazione della variante di Piano regolatore, diranno quanto sarà apprezzata la ‘Porta del Ticino’ e quali modifiche o rinunce o affinamenti imporranno i ricorsi da mettere sin d’ora in conto.

Finanziamento pubblico condizionato

Il rovescio della medaglia, già percepibile in taluni quartieri della vecchia Bellinzona, è che laddove si edificano complessi di ultima generazione, il costruito circostante perda attrattiva e si svuoti. La responsabilità è dei proprietari e in tal senso il sindaco Branda e il municipale Gianini giovedì hanno auspicato che la Smart City faccia da volano per invogliare i confinanti a stare al passo coi tempi. Se a livello federale e cantonale gli incentivi al risanamento energetico non mancano, sarebbe opportuno un ruolo aggiuntivo dalla Città. Il Programma d’azione comunale, preludio al Piano regolatore unico della nuova Bellinzona, dedica un capitolo alla zona edificabile e al suo riordino. Molte le misure previste, cui si potrebbero aggiungere incentivi, ai proprietari di vecchi palazzi, strettamente condizionati a migliorare sensibilmente la qualità dell’areale di loro competenza ad esempio potenziando la dotazione di strutture e stalli per la mobilità dolce, posando colonnine di ricarica per veicoli e bici elettriche, migliorando i camminamenti interni e i collegamenti con le vie pubbliche, sostituendo decadenti box in esubero con giardini orientati allo svago, alla biodiversità e, perché no, alla coltivazione di pomodori e melanzane nella buona, vecchia terra.

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