Commento

A casa da scuola, ma non coi nonni!

Mamma e papà pronti ad attestare che i figli a casa non entreranno in contatto con gruppi a rischio?

13 marzo 2020
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Nell’ultima conferenza stampa, quella con il governo schierato in corpore che ha decretato lo stato di necessità, chiuso le scuole post-obbligatorie e le università, i luoghi di intrattenimento, vietato le manifestazioni con più di 50 persone e vietato gli eventi sportivi, non è mancato un forte e necessario richiamo all’unità da parte dell’esecutivo e in particolare da parte del consigliere di Stato Bertoli. Unità che significa – se non erro sono state queste le sue precise parole – ‘remare tutti nella stessa direzione’. Ovvero seguire la miglior via per ridurre al minimo i contatti intergenerazionali, per riuscire a spalmare l’arrivo del picco del virus (che potrebbe mandare in tilt il sistema sanitario ticinese).

E le elementari?

Così, se la ragione (comprensibilissima) della chiusura delle sole scuole post-obbligatorie era e rimane quella (i ragazzi si autogestiscono), mal si comprende perché non dare l’opportunità anche a chi frequenta Elementari e Medie di rimanere a casa. A un patto, lo scriviamo a lettere cubitali: che a casa non vi siano miscugli generazionali, ossia che i nipoti non vengano gestiti dai nonni, finendo per contagiarli e remando quindi nella direzione opposta. Ieri, non a caso cosa è accaduto? In meno di 24 ore, la decisione annunciata dal ministro dell’educazione (presa dal CdSall’unanimità) è stata contestata, prima dal consiglio direttivo dell’Ordine dei medici, poi dalla città di Lugano che ha convinto pure Locarno, oltre ad alcuni piccoli comuni, a seguirla. E quando si muove anche soltanto Lugano, già si muove mezzo Ticino. Risultato tanta confusione in un momento in cui andava presa una decisione unitaria. 

Chi ha ragione?

Chi ha ragione? Per stabilirlo, ritengo, si debba partire dal valore che si vuole salvaguardare, che è quello della salute delle cerchie più esposte, evitando inutili spostamenti. Quindi, se le famiglie intese come genitori, sono davvero in grado (o si daranno da fare per esserlo) di occuparsi in prima persona dei propri figli, tenendoli a casa, e non affidandoli a nonni o anziani, benvenga anche questa misura comunale. Se poi, come lamentano i comuni in rivolta contro Palazzo delle Orsoline, vista la situazione di crisi creatasi, gli istituti non sono più di fatto capaci di offrire un regolare svolgimento delle lezioni a causa delle assenze di alcuni docenti, il rendere facoltativa la presenza degli allievi a scuola potrebbe permettere di approntare dei piani B di insegnamento che alla fin fine andranno a beneficio di tutti.

Le comunali si avvicinano

Non ci interessa qui disquisire se Manuele Bertoli abbia in realtà ricevuto (ancora una volta dopo La scuola che verrà) uno schiaffo politico con la Lugano di Borradori in testa ai ribelli. È vero che, con le elezioni comunali in avvicinamento, tutto può diventare motivo di campagna elettorale. Ma se così fosse sarebbe disarmante e io non credo che questo sia il motore della disubbidienza manifestata. Se applico il metro di giudizio proposto dal governo per le misure di contenimento e lo calo nella realtà delle scuole comunali, il risultato non può che essere proprio quello di lasciar che le famiglie decidano del loro ‘compito a casa’. Se sono pronte ad attestare (importante!) – lo ripetiamo – che i figli a casa non entreranno in contatto con gruppi a rischio, si lasci loro la scelta sul da farsi.

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