Il dibattito

'La novità è il dilettantismo nella gestione della cultura'

Danzi: 'Non era mai successo nella storia della Commissione culturale (ridotta da 11 a 7 membri) che la disciplina venisse umiliata in quella sede istituzionale'

Il professore Luca Danzi si scaglia contro il consigliere di Stato Manuele Bertoli (Ti-Press)
3 marzo 2020
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Nelle scorse settimane su ‘laRegione’ e su altri quotidiani o settimanali ha cominciato a prendere corpo il mal di pancia che da due anni percorre una parte cospicua di coloro che nel Cantone si occupano in vario modo di cultura. Gli interventi di Andrea Ghiringhelli offrono uno spaccato realistico della situazione e a fronte delle sue osservazioni lo stupore è legittimo soltanto in chi ha vissuto questo periodo da estraneo al mondo della cultura, o di chi non si cura di ascoltare.

Non è mia intenzione, né mi interessa, entrare nel merito dell’atteggiamento assunto da questo o quel funzionario del Decs, perché ritengo che sia responsabilità del consigliere di Stato governare i propri funzionari correggendone, ove occorra, atteggiamenti non consoni al loro ruolo. Ma ancor prima di un intervento sui funzionari, dal cons. Bertoli dovrebbe venire un segnale di considerazione, non dirò di interesse, per uno dei settori della sua iniziativa politica, quello della cultura.

Certo non va in tal senso la composizione della nuova Commissione culturale cantonale, sottoposta con frettoloso opportunismo alla riduzione da 11 a 7 membri. Chiunque ne abbia fatto parte sa le difficoltà di riunire a scadenza regolare, per molte ore, i membri impegnati nella propria attività professionale. La drastica riduzione dei membri rischia di aumentare il pericolo delle assenze, cioè di sedute in cui il numero dei commissari presenti sia pari a quello dei funzionari.

In questo contesto colpisce l’assenza di un commissario italianista, cioè di chi, senza improvvisazione, da tempo frequenti attivamente, conosca e interagisca professionalmente con l’ambito letterario del nostro cantone, sia con la dimensione artistico-creativa, sia con quella della ricerca scientifica. L’esclusione di una simile figura disciplinare dalla Commissione culturale è tanto più inaccettabile in quanto una fetta cospicua dell’intervento federale riguarda appunto la letteratura italiana e l’editoria ticinese. Senza contare poi che l’assegnazione delle Borse di ricerca cantonali ha nell’ambito degli studi letterari un referente di primaria importanza. Non era mai successo nella storia della Commissione culturale che la disciplina venisse umiliata in quella sede istituzionale. Di questo potrà farsi un vanto il consigliere Bertoli. Ed è facile riconoscere nell’esclusione dell’italianistica dalla Commissione povere ragioni di un’ambizione personale. Rispondere che la figura di una filosofa basti a fare le veci di un vero italianista, di uno studioso riconosciuto, non merita considerazione, perché imporrebbe al Cantone la novità del dilettantismo nella gestione della cultura. Naturalmente non si può chiedere a chi vive di politica di ammettere l’insufficienza delle proprie decisioni, o la propria incapacità, ma per chi considera la decisione nella giusta prospettiva è materia degna di amara riflessione.

 

 

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