Commento

Cappuccetto rosso e il lupo, una fiaba in salsa grigionese

Ci sarà mai una via di uscita che permetta alla bambina di portare la torta alla nonna e, allo stesso tempo, al lupo di sfamarsi? Stiglitz e il 'Green New Deal'

Greta Thunberg e Donald Trump a Davos
22 gennaio 2020
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Tutti i riflettori a Davos puntano su di loro: Greta Thunberg e Donald Trump, Cappuccetto rosso e il lupo. Il tema del clima è al centro del dibattito nel 50esimo Forum economico che si svolge questa settimana nella cittadina grigionese. Lo è, giustamente, perché la questione dell’inquinamento del pianeta richiede delle soluzioni urgenti. Ma lo è, soprattutto, perché la forza del movimento giovanile, guidato dall’attivista svedese, è riuscita a imporre nell’agenda globale questa tematica in cima alla lista delle priorità. E mentre in Europa la consapevolezza sull’emergenza climatica è piuttosto diffusa, negli Stati Uniti (il Paese più industrializzato al mondo e il primo responsabile delle emissioni di gas serra) il presidente Trump continua a negare l’esistenza del problema, difendendo a spada tratta gli interessi di interi comparti industriali che di riconversione ecologica non ne vogliono sapere nulla. Si diceva qualche giorno fa in un articolo pubblicato sulla ‘Regione’ che “il rischio che si creino degli aut-aut fra politiche climatiche e sviluppo economico è strutturale”. Nulla di più vero, allo stato attuale. Ma resta legittimo chiedersi: ci sarà mai una via di uscita che permetta a Cappuccetto rosso di portare la torta alla nonna e, allo stesso tempo, al lupo di sfamarsi?

Una risposta è arrivata settimana scorsa da Joseph Stiglitz, premio Nobel nel 2001 e uno dei principali riferimenti dell’eterodossia in campo economico. “Le risorse per trasformare l’economia rendendola meno dannosa per l’ambiente ci sono – ha affermato Stiglitz, presente anche lui al Wef di Davos –. I tassi negativi in Europa e negli Stati Uniti sono la prova che il capitale necessario non manca”. Stiglitz è uno dei sostenitori di un “Green New Deal” ed è convinto che una massiccia riconversione sarà in grado di dare un forte impulso all’economia. Conclude la sua riflessione dicendo: “Molte persone credono che crescita e sostenibilità ambientale si escludano a vicenda: io invece ritengo che, se gestite correttamente, possano essere compatibili”. Il suo ragionamento pare, tutto sommato, stare in piedi: lo sviluppo economico necessita costantemente, per poter espandersi, di nuovi mercati e di nuovi bisogni.

Ci sono all’orizzonte diversi segnali di frenata per la fase di crescita post 2008. La riconfigurazione industriale verso un’economia più ‘green’ potrebbe dunque essere una possibilità di affari favolosa per i grandi capitali. Non per una questione di etica, per carità. La natura del capitale lo porta a cercare incessantemente il profitto (è questo il suo ‘alimento’) ed è proprio lì che la politica può e deve fare il suo: incentivando la trasformazione dei processi produttivi (attraverso stimoli fiscali per esempio, oppure con investimenti diretti resi possibili dalla politica monetaria ultra-espansiva) fino a convertirli in buone opportunità di business.

In un approccio iper-pragmatico (quasi cinico) potrebbe dunque esserci uno spiraglio per questo circolo virtuoso auspicato da Stiglitz. Basterebbe che gli Stati (quelli con la ‘S’ maiuscola, di cui i principali rappresentanti sono in queste ore a pochi chilometri da qui) si prendessero la briga di impedire ai grandi lupi di continuare a divorare la preda e tutto quello che porta nel cestino, offrendo loro nuove fonti di nutrimento. Altrimenti, fra poco, non ci sarà più niente per nessuno.

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