Commento

Il nuovo volto dell’Osi

È tempo di cambiamenti, per l'Orchestra della Svizzera italiana che sottolinea la svolta con delle fotografie in luoghi insoliti come l'inceneritore

22 maggio 2018
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Finora la foto ufficiale dell’Orchestra della Svizzera italiana, quella inviata con i comunicati stampa e riprodotta sui programmi di sala, vedeva gli orchestrali ordinatamente disposti lungo la scalinata della hall del Lac, dove l’Osi è orchestra residente. Un’immagine tradizionale, in linea con quelle delle varie orchestre quasi sempre ritratte nella propria sala da concerti o, al massimo, in qualche edificio storico.
Ieri l’Osi ha archiviato questa tradizione: la nuova immagine dell’orchestra vede i professori in un centro per lo smaltimento dei rifiuti, e tra le rovine dell’ex cementificio delle gole della Breggia e all’interno dell’inceneritore di Giubiasco, con gli esterni di quest’ultimo campeggiare sulla copertina del programma della nuova stagione. Luoghi indubbiamente improbabili, per un’orchestra, ma quelle immagini non sono solo un’originale campagna pubblicitaria, bensì delle metafore visive di quello che l’Osi aspira a essere dopo momenti non facili.
Lo scorso primo gennaio è infatti entrata in vigore, dopo una logorante trattativa, la nuova convenzione tra Osi e Ssr. Convenzione che prevede – oltre, non dimentichiamolo, a una non ancora del tutto appianata riduzione del budget – al posto del precedente contributo fisso l’acquisto di prestazioni, ovvero concerti. Per dirla con le parole usate ieri dal neopresidente della Fondazione per l’Orchestra della Svizzera italiana Mario Postizzi, si tratta del passaggio da servizio pubblico ad azienda culturale che realizza in autonomia i propri prodotti. Una svolta avvenuta a metà della scorsa stagione senza che il pubblico se ne accorgesse e che adesso mostra i suoi effetti. Con un logo leggermente rivisto, una nuova denominazione che non fa più riferimento diretto alla Rsi – per quanto la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana continuerà a sostenere e a diffondere i concerti dell’Osi – e diverse altre novità. Il che ci riporta alle nuove immagini dell’orchestra: perché ripartire dall’inceneritore? Malignamente si potrebbe pensare a un “ci volevate rottamare e invece…”. La lettura ufficiale evoca la trasformazione e la rigenerazione della materia, insomma il doversi reinventare per «trarre tutto quello che c’è dall’esistente e ricostruire», come ha spiegato sempre ieri la direttrice dell’Osi Denise Fedeli.
Ma il bello delle metafore è l’essere aperti a molteplici letture. E in una di queste letture, a essere riciclata non è l’Orchestra della Svizzera italiana ma un certo modo di intendere l’attività concertistica, a volte fossilizzata su repertori sempre uguali e affrontati con fare museale. E se l’Osi ha sempre cercato di staccarsi dalle rigidità della tradizione – vedi ad esempio il progetto “rileggendo Brahms”, che è valso all’orchestra il prestigioso premio Icma –, nella nuova stagione questa aspirazione è ancora più marcata. Non solo nuove interpretazioni, ma anche accostamenti insoliti, unendo musica sinfonica e musica da camera o abbinando composizioni classiche a brani contemporanei, magari non ancora inseriti nel programma ufficiale perché lasciati all’estro del solista ospite.
Uno spirito di rinnovamento ben rappresentato da uno dei numerosi appuntamenti fuori stagione: una minirassegna, che si terrà a giugno, con le sinfonie dispari di Beethoven. Compresa la grandiosa Nona che l’Osi aveva già proposto per l’inaugurazione del Lac nel 2015 ma che adesso è intenzione di Denise Fedeli presentare nella piazza antistante il centro culturale, coinvolgendo i molti cori della Svizzera italiana. Insomma, l’Osi riparte dall’inceneritore per proporre qualcosa di originale e imprevisto al pubblico – a quello di sempre e magari anche a quello nuovo.

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