Subito una premessa. Oggi come oggi, a quanto pare, non discute più (pubblicamente) manco la sinistra che ci aveva abituato a lunghe analisi e ragionamenti sul futuro del mondo. O meglio, non si discute più negli spazi a suo tempo universalmente riconosciuti come luoghi dove si ‘faceva’ politica, come i congressi; occasioni di partecipazione – perché rappresentativa delle forze locali interne – e scelte democratiche, dove l’esercizio partiva dal basso (i delegati lì presenti) verso l’alto, i vertici eletti. Pensiamo a quei congressi, tanto per intenderci, dove la liturgia era dettata da regole oliate, senza concessioni a fronzoli o alle ‘modernità’ del momento. Un mondo scomparso, ne prendiamo atto. Oggi chi discute lo fa altrove. Magari su Facebook. I congressi? Luoghi di promozione, dove l’immagine ha preso il posto della sostanza. Chiusa la premessa. Eppure di carne al fuoco, anche in questa circostanza, ce ne sarebbe parecchia. Per i socialisti, ma anche per gli altri attori della politica cantonale. Un primo e forte segnale, per la verità, il Ps l’ha lanciato sabato scorso a Manno grazie ai propri leader impegnati nelle istituzioni: il Canton Ticino sta avviandosi verso un periodo difficile, dove ancora una volta il conto più salato rischiano di pagarlo le fasce più deboli della popolazione. L’allusione è alla manovra finanziaria (180 milioni) che il Consiglio di Stato ha in serbo per la primavera. E loro, i socialisti, non ci stanno. Sono pronti a dar battaglia. Poi, se andiamo oltre al congresso, si possono cogliere in un recente rapporto di Bertoli (pubblicato su Face-book...) interessanti spunti di analisi e di proposte che gettano le basi per un Canton Ticino capace di reagire e non solo subire. Un documento importante perché coraggioso e quasi ‘impudico’ nel senso che esce dal coro e ricorda ai ticinesi chi siamo e dove siamo. Così come ricorda alla sinistra tutta che non si può pretendere un’Unione europea a nostro piacimento, ma la si deve costruire con il contributo di tutti, svizzeri compresi. Ebbene, di tutto ciò – non per forza riferito direttamente al documento di Bertoli – sabato scorso a Manno non s’è parlato. Non era il momento, si dice. Ma su quale base si eleggono i presidenti di partito? Ha ancora senso, a sinistra, dire da che parte si sta? Riassumendo, dunque, ci attende una complicata legislatura con la sinistra in trincea e una maggioranza (se tiene) compatta sul risanamento finanziario delle casse cantonali, senza – per ora – saper indicare non solo come si risparmi, ma anche, e soprattutto, come s’intenda creare maggiore ricchezza. Come, ad esempio, saper utilizzare le opportunità date dall’apertura della Nuova trasversale ferroviaria alpina, a partire magari dal 2020 con la messa in funzione della galleria del Ceneri. Vale a dire, per chi progetta, dopodomani. Cosa vorranno dire ‘città’ e ‘periferia’ a quel momento? Tanto per citare una questione non secondaria. Ciò che deve preoccupare, in estrema sintesi, è la riedizione di conflitti datati fra chi difende i servizi e le prestazioni dello Stato e chi pensa di poterne fare a meno, o quasi, dello Stato. Come se il tempo fosse passato inutilmente. Che è come prendere atto dell’incapacità collettiva di riorganizzare davvero le proprie vite, di progettare il proprio futuro. Come se restasse solo la difesa a oltranza dell’esistente. Un lungo e interminabile ‘Ricomincio da capo’, per il giorno della marmotta, in salsa ticinese.