Inchieste

Il chirurgo che va in bici e cresce tre rifugiati eritrei: 'Il modo più efficiente per integrarli'

13 dicembre 2017
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Ama la musica classica. Militante dello sviluppo sostenibile, si sposta in bici o in treno, i suoi soldi sono in una banca etica. Figlio di un rifugiato ebreo salvato da una famiglia socialista ticinese, il prof. Pietro Majno-Hurst, epatologo – che da gennaio sarà all'Eoc dove dirigerà la chirurgia – ospita da un anno e mezzo ospita nella sua casa di Ginevra tre rifugiati eritrei. «Semplicemente perché potevamo farlo: una casa va riempita e noi avevamo lo spazio. Coi nostri due figli ancora in casa, vivono anche 3 fratelli rifugiati eritrei, ventenni. Si stanno integrando con degli apprendistati (la più grande come aiuto-infermiera, la seconda come pasticcere, il terzo sta imparando il francese) ed è una bellissima esperienza. Hanno vissuto l’inferno: prigione, violenze, servizio militare in condizioni di schiavitù e la tragica odissea del viaggio. Poi è un po’come rendere il debito di mio padre, che fu accolto come rifugiato nella famiglia del politico socialista Guglielmo Canevascini». Gli spieghiamo che purtroppo in Ticino non è una via privilegiata a causa di qualche esperienza negativa. «Può certo succedere ma, come in chirurgia, si deve essere tenaci: è probabilmente il modo più semplice e più efficiente di integrare queste persone». Militante dello sviluppo sostenibile non solo a parole, ma nei gesti quotidiani. «Non abbiamo l’auto: pedalo o vado a piedi; scaldiamo poco la casa, siamo vegetariani quattro giorni alla settimana, in vacanza si va tutti in treno, abbiamo il conto in una banca etica che investe gli interessi in progetti solidali», conclude il professore. 

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