Inchieste

Un contagio al giorno

6 maggio 2015
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L’Aids fa sempre meno paura, perché ci si convive. Ma in realtà, oggi, è più facile contagiarsi. E l’Hiv dovrebbe tornare nell’agenda dei politici o i costi sociali rischiano di esplodere. A sostenerlo è un esperto in materia: il professor Vittorio Agnoletto. Determinante il peso delle lobby. L’Aids è un enorme business per la farmaceutica che non ha alcun interesse a trovare un vaccino: più malati, più incassi.

In Svizzera 25mila persone sono affette da Hiv e Aids; ogni giorno più di una persona (11 a settimana) scopre di essere sieropositiva grazie ad un test. Ma questo è solo un pezzo della storia. Alle statistiche sfugge la zona grigia di chi è sieropositivo e lo ignora. «Mai come oggi c’è stato un numero così elevato di sieropositivi, di potenziali vettori per trasmettere il virus. Il rischio di contagiarsi è molto alto. E la politica invece di investire nella prevenzione, riduce gli sforzi». Il dottor Vittorio Agnoletto se la prende con politici miopi, con case farmaceutiche senza scrupoli e tratteggia i contorni di un’emergenza sanitaria annunciata. Il medico è stato tra i fondatori della Lega italiana per la lotta contro l’Aids, poi parlamentare europeo. Ha scritto vari saggi sul tema (‘La società dell’Aids’ e ‘Aids: lo scandalo del vaccino italiano’). Negli anni 90 era responsabile dei corsi di formazione per la lotta all’Aids all’Istituto superiore della sanità a Roma, oggi insegna “Globalizzazione e politiche della salute” all’Università degli Studi di Milano. Sul tema è un’eminenza e sarà a Lugano il prossimo 13 maggio.

Dottore, perché oggi è più facile prendersi l’Aids rispetto al passato?
Perché la malattia si è cronicizzata. Non esiste alcun vaccino contro l’Aids, disponiamo di una trentina di farmaci che ne rallentano l’evoluzione. Questo significa un netto miglioramento rispetto al passato della qualità di vita e dell’attesa di vita del paziente. Ma cresce il numero delle persone in grado di trasmettere l’infezione, dei potenziali vettori.

Quali sono le ripercussioni sociali?  
Bisogna capire che non c’è mai stato un numero così alto di sieropositivi. In Italia si stima siano 120mila: un terzo non sa di esserlo, 60mila sono in terapia anti-retrovirale (costa dai 7’000 ai 14mila euro all’anno per persona). Di questi ultimi, la metà ha scoperto la malattia in una fase avanzata, la diagnosi è avvenuta in ritardo. Un trend che riguarda tutta l’Europa.

Tutti dovrebbero sapere come si trasmette, come proteggersi o serve più informazione? 
Il primo obiettivo di qualunque politico dovrebbe essere quello di potenziare la prevenzione per ridurre le nuove infezioni ed i costi. Questo messaggio non viene colto dai politici. Anche se oggi è più facile che in passato entrare in contatto con il virus.

Nuovi contagi significano anche più costi: fino a che punto sono sopportabili?
In Italia ci sono 4’000 nuove infezioni l’anno, circa 11 al giorno. I medicamenti sono gratuiti, ma diverse Regioni lamentano che, se continua così, non saranno più in grado di fornirli.

Con 11 nuovi contagi al giorno, che cosa si aspetta dallo Stato?
La politica risponde alle emergenze e ai meccanismi di consenso. L’Aids in Europa non è più tra le patologie con un maggiore indice di mortalità, quindi il politico non investe. Ignora quello che uno studente di medicina capisce al primo anno: la diminuzione della mortalità non significa una riduzione della morbilità, di chi si infetta. Inoltre in Italia da sempre c’è una pressione delle multinazionali del farmaco sui politici: se aumenta il numero delle persone infettate, che dovranno curarsi tutta la vita, aumentano anche gli incassi per chi vende farmaci. L’interesse economico è enorme.

Sta dicendo che l’Aids è la nuova vacca da mungere per le multinazionali dei farmaci?
Lo ha detto 4 anni fa anche l’Unaids, l’agenzia per la lotta all’Aids dell’Onu. Ha criticato le multinazionali del farmaco per il crollo degli investimenti nella ricerca del vaccino. Non hanno interesse a trovarlo, perché verrebbe usato una sola volta per debellare l’infezione. Curando invece migliaia di ammalati cronici, hanno una garanzia di entrate stratosferiche per decenni. Infatti tutti i trial per il vaccino sono in mano a fondazioni private o agli Stati. La malattia porta business. Mentre una maggiore prevenzione non porta né consenso, né business.

Ha coordinato progetti di prevenzione nei rotary club, in strada tra i tossicodipendenti, in carcere tra i detenuti, in Europa come in Africa: qual è la via migliore? 
Per raggiungere lo stesso obiettivo ci sono più strade. In Africa, ad esempio, non serve fare informazione se non si aumenta il potere della donna nella coppia. Altro esempio: con i giovani ci sono dinamiche da riconoscere. Ricordo un adolescente sieropositivo, l’avevo convinto a informare la sua amica, l’ha fatto, in studio, davanti a me. Lei rispose che non le interessava, l’amore avrebbe superato qualunque barriera.

Perché accade che un adolescente rifiuti il profilattico con il partner sieropositivo? 
Perché viene vissuto come il più grande gesto di amore. Il mio amore è talmente grande che non voglio una protezione. Questo atteggiamento è parecchio diffuso. Sono dinamiche psicologiche note. Chi oltre a dedicarsi all’altro decide di rischiare il contagio talvolta pensa in questo modo di suggellare un patto eterno, quasi un ricatto affettivo, un rapporto di forza sentimentale malsano ma anche con alti rischi d’infezione.

Il convengo per i 30 anni di Amca

Progetti sanitari alla lente

In occasione del suo 30esimo anniversario, l’Associazione per l’aiuto medico al Centro America (Amca) organizza, in collaborazione con la Supsi e la Fosit una giornata di studio all’auditorio dell’Usi, di Lugano, il prossimo 13 maggio (dalle 13.30 alle 18.30). ‘Aiuto allo sviluppo: il ruolo dei progetti sanitari’ è il titolo del pomeriggio dedicato a riflessioni e analisi sulla cooperazione internazionale nel settore sanitario. Il tema, sviscerato da una dozzina di relatori, locali, nazionali e internazionali, verrà introdotto dal fondatore di Amca, il dottor Franco Cavalli, oncologo. Seguiranno gli interventi di pediatri, oncologi, ginecologi, ricercatori... Come il pediatra oncologo attivo a Toronto, Francesco Ceppi: parlerà dei nuovi sviluppi nei progetti di onco-ematologia pediatrica. Illustrerà le ‘cooperazioni possibili’ il pediatra Bernard Borel di Médecin du monde - Suisse, mentre il dottor Vittorio Agnoletto spiegherà che cosa si può imparare dai progetti Aids. Riferirà dell’esperienza dell’Istituto tropicale e di salute pubblica svizzero a Basilea il suo direttore Marcel Tanner, mentre il consulente Jacques Mader, della Direzione sviluppo e cooperazione a Berna, illustrerà il ruolo dei progetti di salute nel programma svizzero di aiuto allo sviluppo. Le conclusioni del seminario sono affidate all’ex consigliera federale Ruth Dreifuss. Chi fosse interessato a informazioni più dettagliate può rivolgersi a info@amca.ch oppure allo 091 840 29 03.