La storia di Lucia, la seconda paziente in Ticino, che ha provato la terapia psichedelica in ospedale. Una novità che vi raccontiamo coi protagonisti
«Ho freddo ma non percepisco il mio corpo, mi sento bloccata in un guscio di cera, vedo la stanza dall’alto e gli infermieri che mi rianimano. Chiedo che ore sono: le 10.40. Ogni attimo si scompone in attimi infiniti. Ho paura. Muoio e non muoio. E sono sempre le 10.40. Solo quando il medico mi controlla il polso capisco che sono bloccata in un loop (un rimuginare) mentale. E riesco finalmente a uscirne». Incomincia così il racconto di Lucia, che ha sperimentato la terapia psichedelica assistita (con Lsd) con il team della psichiatra Claudia Ariemma al Centro disturbi del comportamento alimentare dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (OSC). «Siamo pionieri nella psichiatria pubblica, sentiamo orgoglio e anche un po’ di timore», commenta la capo servizio. Dopo Pasqua saranno 5 i pazienti che dallo scorso dicembre nel percorso di psicoterapia hanno integrato la terapia psichedelica assistita. Lucia è stata la seconda paziente.
Chi fa questo percorso riferisce di profondi cambiamenti. Sono esperienze potenti che vanno integrate in una terapia. Difficile descriverle: «Una parte di me sapeva dove ero, allo stesso tempo ero inerme e lontana. Ogni movimento mi costava fatica. Sentivo freddo, anzi gelo, il mio corpo si sgretolava dal freddo. Poi ho allungato la mano…». Un gesto di aiuto concordato in precedenza con la psichiatra che la segue da anni. In quel tocco – continua Lucia – è sbocciato l’universo». Esserci – dalle 8 alle 17 – senza interferire è la sfida dei terapeuti. «A un certo punto la stanza mi sembrava davvero sporca, i muri erano scrostati. Mi sentivo una cavia da esperimento in un ospedale dismesso». Il trip diventa pesante ma Lucia trova da sola una via d’uscita: «Ho pensato alla mia psichiatra, mi fido di lei». E attorno, come per magia, lo sporco svanisce. «In quel momento ho capito che il mio modo di guardare il mondo ha il potere di trasformare il mondo. Non solo l’ho capito. L’ho vissuto». E questo fa la differenza. In 9 ore di terapia psichedelica, assistita da curanti adeguatamente formati, Lucia è passata attraverso esperienze allucinanti, dolorose, liberatorie ma anche bizzarre come la musica che aveva il gusto di gelato alla vaniglia: «È stata una giornata molto impegnativa, ma ne è valsa la pena. Io non vedevo vie d’uscita. Ora mi sento diversa. Questa esperienza ha sbloccato meccanismi inceppati, i famosi dischi rotti. Ho ritrovato una forza vitale che non avevo da molto tempo e mi sono messa in gioco su molti ambiti».
Incontriamo Lucia a un seminario organizzato di recente a Mendrisio dall’Osc sulle nuove frontiere della terapia psichedelica. Ha più di 40 anni, è una donna decisa, ironica, quasi esplosiva, sicuramente coraggiosa: «Questa esperienza mi spaventava ma ero incuriosita. Mi tranquillizzava sapere che ero in un ospedale con un team professionale in cui ho fiducia. Quando fai questo tipo di viaggio sei inerme», conclude.
L’Lsd può aprire le porte delle carceri mentali, di chi è bloccato in una depressione grave o altre malattie, favorendo un’espansione della coscienza, più connettività cerebrale, influenzando il modo di relazionarsi con sé stessi e con il mondo, attivando in alcuni una sorta di guaritore interno. Diversi studi concordano che più fattori sembrano agire insieme sul piano fisico e psicologico. Lucia soffre da anni di iperalimentazione psicogena. «È una malattia che si cronicizza molto. Con la terapia psichedelica non lavoriamo sulle abbuffate, ma sull’aspetto psicologico per far emergere risorse che aiutano il paziente in psicoterapia. Questa presa di coscienza può liberare da schemi ripetitivi e tossici e portare verso una guarigione», ci spiega la psichiatra Ariemma. Sotto l’effetto di Lsd si cambia prospettiva. Si varcano le frontiere del corpo. «Si sperimentano esperienze somatiche nuove, come morire, ma sopravvivere», aggiunge.
Non è mai la prima scelta. E non è per tutti. «La si richiede quando le terapie classiche non hanno funzionato e si presume che la terapia psichedelica assistita possa migliorare la qualità di vita del paziente. Ci deve essere una solida alleanza terapeutica. Ci vogliono circa 4 settimane per ottenere dalle autorità sanitarie elvetiche un’autorizzazione», precisa la psichiatra.
È una rivoluzione che stravolge il paradigma culturale psichiatrico: sedare il paziente e poi integrare. Qui invece si attiva il paziente. Si fa esattamente il contrario, perché la sostanza stimola stati entropici (stati alterati di coscienza) che possono favorire una guarigione all’interno di un percorso psicoterapeutico. Inoltre, come è stato spiegato alla conferenza dallo psichiatra e ricercatore David Erritzoe all’Imperial College London, uno dei massimi esperti del settore, questa terapia ha un effetto biologico: aumenta la plasticità del cervello. «Si è osservato un cambiamento dell’attività cerebrale, un aumento della connettività e plasticità che dura qualche giorno, ci sono più connessioni tra varie parti del cervello, più plasticità».
Un approccio che anche il dottor Benedetto Zefiro Mellacqua guarda con interesse. «C’è un grande potenziale che va approfondito soprattutto per chi soffre di depressioni resistenti, disturbi ansiosi gravi fra i quali alcune forme severe di disturbo ossessivo-compulsivo ed è in un percorso psicoterapeutico. Sarebbe opportuna una collaborazione con l’Usi e la Supsi», precisa il direttore medico della Clinica psichiatrica cantonale (Cpc) dell’Osc.
Dal 2014, le autorità sanitarie elvetiche (Ufsp) rilasciano autorizzazioni eccezionali per terapie psichedeliche assistite (Pat) a fini terapeutici, al di fuori di studi clinici – con Lsd, Mdma (ecstasy) e dal 2021 con psilocibina (un fungo allucinogeno) –, a psichiatri per il trattamento di vari disturbi come depressione resistente, gravi disturbi d’ansia, disturbo da stress post-traumatico, dipendenze ma anche emicrania a grappolo suicidale e fine vita. Sostanze considerate stupefacenti, quindi il loro uso terapeutico è regolamentato. Nell’ultimo decennio sono stati rilasciati oltre mille permessi a circa una sessantina di specialisti per circa 3mila trattamenti psichedelici assistiti. Il trattamento con Lsd dura 10 ore e richiede per gli specialisti coinvolti un accompagnamento lungo, intenso, molto impegnativo anche in termini psicologici. Dunque non una cura ‘fai da te’ ma un contesto ben regolamentato, con sessioni di preparazione e di integrazione, dentro un percorso psicoterapeutico. È il medico a dover presentare un’autorizzazione per ‘uso compassionevole’ all’Ufficio della sanità pubblica per un paziente che soddisfa vari requisiti.
Il crescente interesse per le terapie psichedeliche assistite sta creando nuove sfide. Una di queste è avere linee guida pratiche e formare terapisti sufficientemente qualificati per soddisfare la crescente domanda e garantire una buona qualità dei trattamenti. Attualmente la domanda supera l’offerta formativa. Da marzo 2022, in Ticino, la fondazione Alaya offre corsi per professionisti sulla terapia psichedelica assistita (l’ha fatto anche il team della dottoressa Ariemma). «C’è molta richiesta, abbiamo organizzato 14 corsi (soprattutto weekend intensivi con un massimo di 25 partecipanti) dedicati all’approfondimento teorico e pratico per la gestione delle sostanze psichedeliche nella terapia. Nel 2025 abbiamo collaborato anche con la Supsi organizzando tre corsi introduttivi sull’uso delle sostanze psichedeliche nelle cure palliative», ci spiega Ricardo Fernandez, presidente della Fondazione Alaya. In più, la Fondazione coordina gruppi di supervisione. «La sfida è quella di formare professionisti qualificati in un ambito terapeutico molto diverso dalle psicoterapie convenzionali. Per alcuni terapeuti ciò implica una revisione profonda di convinzioni e metodi», conclude.
Altro punto controverso è il costo delle cure: circa 200 franchi oggi a carico del paziente. Per garantire che gli operatori ricevano un compenso adeguato per la singola seduta della durata di diverse ore (per lo più ne bastano 3-4 nel corso di un anno), accessibile a tutti quelli che ne hanno bisogno, sono in corso trattative con le assicurazioni sanitarie. Attualmente le casse malati pagano le sedute di psicoterapia (70 minuti) non di certo un accompagnamento di 10 ore.
Anche la ricerca fa passi avanti. Uno studio, condotto all’Uni di Basilea, ha messo in evidenza le proprietà benefiche dell’Lsd, mostrando come la sostanza sia in grado di alleviare i sintomi depressivi. Sono state somministrate due dosi leggere o moderate di Lsd a intervalli di quattro settimane a 61 pazienti con disturbi d’ansia o ansia significativa associata a una malattia somatica destabilizzante. Le analisi, condotte da Matthias Liechti, Felix Müller nonché da alcuni ricercatori dell’Università di Basilea (con l’azienda biotech statunitense MindMed), hanno evidenziato, spiega il dottor Felix Müller, che una somministrazione da 100 a 200 microgrammi di acido lisergico riduce in modo significativo lo stato depressivo dei pazienti fino a 16 settimane dopo il trattamento.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Biological Psychiatry” suggerisce benefici a lungo termine della terapia assistita con l’Lsd in pazienti con disturbi d’ansia. «Gli effetti positivi della droga e le esperienze di tipo mistico sono correlati con le riduzioni a lungo termine dei sintomi di ansia», ha precisato Müller, responsabile di un gruppo di ricerca accademico sulle terapie assistite da sostanze stupefacenti. Dal 2014 tale organismo della facoltà di medicina dell’Università di Basilea conduce programmi per valutare gli effetti dell’Lsd in particolare, ma anche dell’Mdma, della psilocibina e della mescalina.