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Un triste Tour de Suisse

Ci sono episodi che devono spingere ad una riflessione, inutile se si crede che tutto sia solo dovuto al fato. Che cosa è diventato il ciclismo e lo sport in generale? Ha senso parlare ancora di spirito sportivo, o tutto dipende solo dal denaro e dallo spettacolo e i protagonisti non sono altro che moderni gladiatori, bardati per dare il massimo e far divertire come al circo romano? Ci sono state corse epiche fatte di fatica e duelli eroici in salita, Gottfried Weilenmann vinse il TdS pulito e senza squadra. Oggi si corre su bici tecnologicamente avanzate, in grado di filare con le squadre sul piano e ancora di più in discesa grazie all’aerodinamica e ai freni a disco. I cronisti commentano entusiasti seguendo lo spericolato finale di tappa di giovedì 15 giugno a oltre 100 all’ora! Arrivare primo in salita non garantisce la vittoria, bisogna accettare il rischio estremo in discesa. Ma era successa la tragedia. Due ciclisti, un americano e uno svizzero, sono caduti: Magnus Sheffield con commozione cerebrale, Gino Mäder trovato privo di sensi in un burrone è morto in ospedale. In telecronaca nessuno se n’era accorto. La tappa di venerdì è stata annullata, forse occorre di più. Giova un ciclismo del genere dove i professionisti sono costretti a correre sempre più veloci, esasperati dalla condizione fisica che flirta col doping e con l’ematocrito livellato? Quale esempio educativo scendere dall’Albula a velocità vietate dai limiti? Ormai con le bici elettriche a tutti è permesso di circolare senza targa in modo spericolato emulando i campioni. Un arrivo simile in discesa non è intelligente, ha giustamente detto Remco Evenepoel, il campione del mondo. Che tristezza per Gino, e per un ciclismo malato che ha perso l’etica e il senso dello sport.

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