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Chi non perde, vince?

Sembrerebbe di sì, da tempo, anche se i numeri dicono altro, per esempio che vince il Ticino apartitico/apolitico con la scheda senza intestazione e sempre meno votanti. Sui contendenti nessuna nuova, a parte qualche donzella imbellettata, un dottore distratto (?), le solite due "bocce ferme" da ventennio italiota del secolo scorso e una carrettata di ma, se, forse, vedremo. A poche centinaia di chilometri, verso ponente, se qualcuno osa spostare di un paio di anni in avanti la pensione, subito l'aria si fa irrespirabile e le città diventano simili a Beirut. Non è una questione geografica, ma di Dna. Loro hanno dentro il ’79 e il ’48, noi qualche oliva farcita, pizzette e decilitri di spritz. Siamo terra di mugugni sommessi per non farci scoprire dai reggicoda delle tre decine di famiglie che dettano i tempi del quotidiano. Il buffo sta nel fatto che quasi tutti lo sanno e nessuno fa nomi e cognomi, come nella saga dei Corleone. Vi dirò, a me questo "stallo movimentato" non dispiace, anzi mi stuzzica a ipotizzare il prossimo futuro, quando si ritireranno i ministri eletti al cui seguito si intravede già il deserto. E allora? Fermarsi un attimo a ripensare il presente al posto di "puntare" le convenienze, a cosa lasceremo oltre la montagna di rifiuti sulla quale stiamo seduti, che siamo i predatori più temibili del pianeta sarebbe già un esercizio utile, senza scomodare e pagare dazio alla sterminata truppa di psichiatri e psicologi. Insomma un "ricominciare" che in questo caso non significa tornare indietro.

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