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Quale arrosto per il fumo di Belfast?

L’accordo raggiunto da Uk e Ue a sostituzione del "protocollo" nordirlandese istituito in scia alla Brexit è stato presentato da Sunak in pompa magna, raccogliendo plausi da ogni dove, e osannato come l’inizio di una nuova era per l’Irlanda del Nord, che può ora beneficiare sia dell’appartenenza doganale agli Uk, che dell’inclusione nel mercato unico Ue. Dietro all’entusiastica presentazione, però, cos’è cambiato veramente? Ben poco. Sunak ha un bel dire a proclamare la posizione unica dell’Irlanda del Nord come membro allo stesso tempo degli Uk e del mercato unico – posizione che è stata in realtà istituita proprio da quel protocollo così indigesto ai sovranisti (nel vero senso della parola) di Belfast. Al netto dei fatti, il nuovo accordo è un aggiustamento piuttosto moderato del protocollo, e non già una rivoluzione – la rimozione di qualche minima trafila burocratica per il commercio tra Belfast e Gran Bretagna ha un valore prevalentemente ideologico: una carota da offrire alla fascia dura dell’unionismo nordirlandese, proprio quello che in seguito alle elezioni si è rifiutato di formare un governo di coalizione finché il protocollo non venisse rivisto, congelando la creazione di un esecutivo. Non a caso questa vittoria diplomatica ostentata da Sunak arriva alla vigilia della visita primaverile di Biden in Irlanda e Uk – quel Biden che nei mesi scorsi ha spesso (e a senso) invocato la creazione di un nuovo governo di coalizione per Belfast. Per cogliere la portata ideologica, più che materiale, del nuovo accordo, basti pensare che il governo londinese, nella sua comunicazione ufficiale, ha parlato con sottigliezza dell’"abolizione della percezione di una frontiera marittima" (e non già di una frontiera reale che, con buona pace degli unionisti, non è mai esistita).

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