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Il mondo al contrario

(keystone)

Nel secolo scorso eravamo abituati a vedere il mondo sulla base di categorie ben precise: destra-sinistra, economie pianificate-libero mercato, democrazia-autoritarismo, e via di seguito. Oggi, in questo inizio di secolo post-moderno, questi punti di riferimento vengono gradualmente a cadere senza essere sostituiti, nella loro funzione rassicurante e orientatrice, da altre categorie di riferimento. Davanti a una Cina che, pur professandosi comunista, difende strenuamente il libero mercato, oppure pensando al recentemente eletto presidente americano che, all’ombra di una mai chiarita affinità politica latente e “sotterranea” con i vecchi nemici russi, alla faccia del liberismo, si propone di introdurre dazi a destra e a manca, oppure ancora alle affinità dell’ultradestra israeliana con gruppi post-nazisti, c’è di che rimanere perlomeno esterrefatti. Vedere Trump raccogliere voti decisivi tra gli operai bianchi disoccupati, gli ispanici tollerati ma mai realmente accettati nella società nordamericana, i musulmani spesso e volentieri considerati come terroristi tout court, non può che darci l’impressione di vivere in un mondo al contrario.

Tuttavia, alcuni fatti mantengono ben salde le loro caratteristiche, e non danno segno alcuno di inversioni di tendenza, anzi. L’ineguaglianza progredisce senza sosta, in un mondo in cui i super-ricchi e le multinazionali realizzano utili da capogiro. In modo speculare, la miseria tende a crescere, e le condizioni di vita nelle baraccopoli di tutto il mondo o in quella parte di Africa che si sta desertificando diventano sempre più proibitive. La scommessa del riscatto sociale mediante l’accesso all’istruzione o a migliori condizioni igienico-sanitarie si è rivelata troppo spesso un’illusione: migliora magari l’aspettativa di vita, ma non certo la qualità dell’esistere. Anche in un paese benestante come la Svizzera i poveri stanno aumentando. Il cambiamento climatico prosegue la sua marcia lenta, ma inesorabile. La sua gravità viene percepita, in un mondo in cui l’individualismo è un valore assoluto, solo quando il singolo si trova in balia di improvvisi eventi brutali. In queste situazioni, che mettono a nudo tutta la nostra condizione di provvisorietà e vulnerabilità si riscopre ancora, fortunatamente, la solidarietà. Inoltre, viviamo in un mondo di plastiche, le quali, mediante la loro scomposizione microscopica e la loro intrusione nella catena alimentare, diventano inesorabilmente, a livello fisiologico, una componente sempre più presente nei nostri corpi.

In poche parole, se da un lato politica e cultura appaiono essere oggetto di tendenze paradossali, la realtà segue invece cammini più lineari. Sul fronte della lotta a favore di società più giuste e civili, meno inquinate, più solidali, le tendenze in atto non danno infatti segni apprezzabili di inversioni di rotta, certamente auspicabili – perlomeno da un punto di vista scientifico ed etico – ma in realtà più allo stato di buone intenzioni che di fatti concreti. In questo contesto, aspetti quali l’egocentrismo e l’egoismo – tipici di un individualismo spinto agli estremi in un mondo sempre più consumista – la pigrizia fisica e mentale, la facilità di affidarsi alla prima impressione, le paure date dai cambiamenti veri o presunti che toccano il nostro modus vivendi, tendono a prevalere rispetto ad atteggiamenti riflessivi, etici, attenti al contesto. Tutto ciò conduce a un’avversione verso il cambiamento, quando non addirittura a una vera e propria volontà di tornare a un ipotetico passato rassicurante, spesso più idealizzato che reale.

L’essere umano si trova oggi a un bivio tra sviluppare società pienamente democratiche che sappiano essere interpreti forti dell’era post-moderna in cui viviamo o scivolare gradualmente verso forme sociali di tipo autoritario. In effetti, quello che si è capito con lo sviluppo della Cina è che forme di moderato autoritarismo riescono a ottenere risultati economici superiori rispetto a modalità pienamente democratiche. In poche parole, il legame democrazia-libero mercato, spesso considerato indissolubile, si è venuto a spezzare. Questo spiega ad esempio lo sviluppo di società come l’Ungheria o la Turchia, spesso prese a modello dai leader politici nazionalisti. Il nuovo mandato di Trump non fa altro che riprendere il discorso autoritario-nazionalista interrotto da quattro anni di presidenza Biden. Vi sono poi attori palesi e occulti che agiscono fra le quinte (anche tenendo conto della digitalizzazione della società), concependo e mettendo in atto strategie in favore dello sviluppo di forme autoritarie di gestione del potere. Personaggi quali Steve Bannon o Elon Musk, pur con posizioni differenti, ne sono un esempio esplicito: verrebbe la tentazione di definire questo fenomeno – assimilandolo ai paradossi citati in precedenza – come Internazionale Nazionalista.

I valori democratici e umanisti sono quindi destinati a soccombere, a favore di modalità politiche autoritarie? Al momento attuale è difficile dare una risposta a questa domanda. Nei fatti siamo in una fase di transizione, in cui il bipolarismo tradizionale si è dissolto, e nuove forme di antagonismo stanno emergendo. Da un lato – in un contesto di concorrenza fra tipologie diverse di autoritarismo – la contrapposizione tra Usa e Cina; dall’altro, pur tra grandi contraddizioni e difficoltà, vi è invece la realizzazione di sistemi sociali post-moderni autenticamente democratici che sappiano essere una vera alternativa rispetto alle derive autoritarie contemporanee. In questo contesto, l’Europa – attualmente gigante economico ma nano politico – è chiamata a giocare un ruolo da protagonista. Ci riuscirà? Il barometro sembra indicare maltempo stabile là fuori, ma, in fin dei conti, la speranza è l’ultima a morire. Auguri!