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Uguaglianza e inclusività: dogmi ormai a fine corsa

(Ti-Press)

Ringrazio la direttrice del Decs, Marina Carobbio, per la risposta al tema che ho sollevato con il mio intervento pubblicato il 18 ottobre “Immigrazione di massa: un freno allo sviluppo”. Evidenziavo infatti come, in poco più di 15 anni, almeno 1,5 milioni di persone abbiano raggiunto il nostro Paese. Questa impressionante massa di persone, in parte utile all’economia, in parte a beneficio del nostro generoso stato sociale, ha causato vari problemi: dall’aumento dei costi degli affitti agli ingorghi delle strade, dal sovraffollamento dei mezzi di trasporto, all’aumento dei premi di cassa malati, alle difficoltà nell’assicurare l’approvvigionamento alimentare, fino alla pressione crescente sul nostro sistema sociale.

Ho inoltre indicato come “… anche le scuole siano sotto pressione per l’afflusso di bambini difficili da integrare”. La mia osservazione riguarda l’alto numero di studenti stranieri, dove in molti Cantoni raggiunge cifre impressionanti: Ginevra oltre il 45%, Basilea città 40,5%, Zugo 36,6% e Ticino quasi il 30% (Fonte: Ust - Statistica degli allievi e degli studenti (Sdl)). Molti di questi allievi faticano con la nostra lingua, rallentando i programmi scolastici, ponendo in difficoltà non solo i docenti ma anche gli studenti svizzeri, che non riescono a seguire in modo fluido e proficuo i programmi di formazione.

La direttrice del Decs afferma che avrei sostenuto che gli allievi stranieri sono “tendenzialmente difficili” e che la loro presenza sia “causa della pressione nelle scuole” e, attribuendomi questa conclusione, che eliminando questi studenti si risolverebbero i problemi. È evidente che non tutti gli allievi stranieri creano difficoltà e che anche tra gli studenti svizzeri esistono casi complessi. Ma è altrettanto palese che in classi dove oltre metà degli allievi sono stranieri, spesso provenienti da realtà culturali e linguistiche lontane e insediatisi da poco, l’insegnamento risulta necessariamente più complicato. Le numerose figure di sostegno introdotte negli ultimi anni dal Decs, confermano che il problema non possa più essere negato.

A mettere in evidenza questo problema è anche il “Rapporto sul sistema educativo svizzero” condiviso dalla Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali della pubblica educazione (Cdpe), di cui mi risulta Carobbio faccia parte. Infatti, sotto al titolo “Scuole con situazioni complesse” afferma in modo chiaro che: “Particolarmente complessa è la situazione in quelle scuole che hanno una percentuale molto elevata di bambini di lingua straniera e di alunni con un passato migratorio o provenienti da famiglie con un basso livello di istruzione”.

Se Carobbio volesse davvero obiettare le mie tesi, dovrebbe allora iniziare a contestare il rapporto sul sistema educativo svizzero, anche da lei condiviso. Non serve convincere il sottoscritto, che non condivide i dogmi dell’uguaglianza e dell’inclusività giunti ormai a fine corsa. Piuttosto, sarebbe opportuno rassicurare le numerose mamme e papà che si rivolgono al mio partito per lamentare le enormi difficoltà di apprendimento vissute dai loro figli nelle classi multietniche ticinesi.

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