Naufraghi.ch

La bandiera bianca di papa Francesco

(Keystone)
12 marzo 2024
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Fa quasi tenerezza l’affannato “pompierismo vaticano”, che deve regolarmente aggiustare certe affermazioni di papa Francesco, gettando acqua sulle sue dichiarazioni più controverse, che, chissà perché, la sala stampa di via della Conciliazione si sente regolarmente in dovere di riprendere, precisare, spiegare, con frequenza e puntualità senza precedenti oltre Tevere. Ma stavolta c’è davvero poco da interpretare, c’è poco da credere alla puntualizzazione di via della Conciliazione per cui in definitiva Francesco ha solo ribadito “ciò che ha sempre detto sulla guerra in Ucraina”, cioè che il negoziato è l’unica via per condurre “a una pace giusta e duratura”. No, non è così: stavolta il pontefice non poteva essere più chiaro, non c’è bisogno di volonterosi traduttori del suo pensiero: il papa ha chiesto al governo di Kiev di alzare “bandiera bianca”, di avere il coraggio del negoziato ma anche della possibile, calcolata e dignitosa resa per salvare i civili che hanno già pagato un sanguinoso alto tributo (circa 9mila morti), quindi di “non avere vergogna” per una decisione che sarebbe altamente umanitaria.

Quindi, è la sostanza del verbo pontificio, che a deporre le armi sia l’aggredito troppo debole, e non l’aggressore apparentemente imbattibile. Non un aggressore qualsiasi, ma la Russia di Putin, modello di neofascismo imperial-bolscevico, falsificatore seriale della Storia, arrivato anche al punto di affermare pochi giorni fa che a innescare la Seconda guerra mondiale non fu Hitler bensì il comportamento irragionevole della Polonia (e lo scellerato Patto Molotov-Ribbentrop che ancor prima la smembrò e la occupò?). Esulta il proto-pacifismo anti-atlantico, gongola Mosca, protesta sconcertata Kiev. Ma a ben vedere, c’è poco di sorprendente nella “bandiera bianca” in mani ucraine invocata da papa Francesco. Che, certo, in passato ha tentato di smuovere anche il Cremlino, per esempio con la volonterosa missione del cardinale Zuppi per riportare a casa decine di migliaia di bambini rapiti nella “piccola Russia”, trasferiti nel regno putiniano per essere russificati: missione fallita, il cardinale nemmeno ricevuto al Cremlino. Un pontefice anche contraddittorio: invocò il diritto all’autodifesa da parte dei cristiani d’Oriente aggrediti dagli sgherri dello Stato Islamico, per poi precisare, di fronte ad altri conflitti, che l’autodifesa non deve però provocare aumento ed estensione della tragedia. Strana equazione, improponibile. Quindi la Nato illustrata come “cane che abbaia” portato fin sotto le mura di Mosca, sorvolando sulla volontà dei Paesi liberi di aderirvi (ora persino le neutralissime Svezia e Finlandia), l’allargamento “manu militari” a Est della Russia (Georgia, Cecenia, sostegno armato alla dittatura di Bielorussia); a cui ora possiamo allineare le minacce alla Moldavia e ai Baltici sempre col pretesto di proteggere le minoranze russe. Né ha mai ricordato, il papa, che l’unico documento sottoscritto del dopo-guerra fredda, firmato anche dalla Russia, insieme a Usa e le due potenze nucleari europee, è il Memorandum di Budapest (dicembre ’94) con cui Kiev consegnava a Mosca tutto il suo arsenale atomico in cambio della garanzia internazionale della sua indipendenza e integrità territoriale. Si potrebbe continuare, ma non è la geo-strategia il lavoro di Francesco, anche se suscitò sconcerto quando, rivolgendosi in video alla gioventù russa riunita a San Pietroburgo, invocò: “Non dimenticate mai la vostra eredità, siete i figli della Grande Russia dei santi, dei re, di Pietro primo, di Caterina seconda… Non rinunciate mai a questa eredità”. Parole al miele per i progetti imperial-restauratori di Putin.

Siamo onesti. La “bandiera bianca” evocata dal papa la vorrebbero raccogliere in molti nelle democrazie “stanche” della guerra. Ormai, se i nemici dell’Ucraina stanno a Est, non va però meglio a Ovest (ripensamento Nato sull’aiuto militare). Dovrebbero essere solo gli ucraini a decidere. Ma questa guerra così vicina, per questa parte del mondo è anche uno specchio, configura il possibile successo dei regimi dittatoriali, riproietta l’ipotesi di un nostro eventuale spiacevole futuro, esaltando la ragione del più forte. Non importa che ne pensino le vittime: il panno bianco (non alzato davanti a Hitler) può sembrare anche a noi scelta salvifica di buon senso. Ma “non c’è pace senza giustizia”. Almeno parziale. Non lo diceva forse il profeta Isaia?

Questo articolo è stato pubblicato grazie alla collaborazione con il blog ‘naufraghi.ch’

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