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Sotto quella stella

A Zurigo si è svolta una manifestazione per la pace in cui un migliaio di partecipanti ha reso omaggio alle vittime dei vili attentati di Hamas contro la popolazione israeliana. Anche il presidente del governo cantonale ha dichiarato la propria solidarietà con il paese in conflitto e con la comunità ebraica locale.

Mostrare pubblicamente il proprio sdegno di fronte alle atrocità di tali atti terroristici è un gesto dovuto. Più in là, troppo in là, è invece andata la città di Zurigo issando la bandiera con la stella di Davide sul Municipio. Una bandiera che ha visto lo stato d’Israele commettere molte atrocità sin dalla sua nascita. Risultato: l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi in Medio Oriente (Unrwa) ha registrato sinora 5,9 milioni di rifugiati palestinesi a seguito dell’insediamento e delle successive espansioni dello stato d’Israele.

La striscia di Gaza è un’area più piccola del Sottoceneri in cui vivono 2,1 milioni di persone, di cui 1,7 milioni sono rifugiati palestinesi. Il 63% della sua popolazione dipende dalle organizzazioni internazionali per nutrirsi, il 46% è disoccupato, mentre tra i giovani (15-29 anni) la disoccupazione è del 62,3%. Il 95% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile, mentre l’elettricità, in media per il mese di luglio, era disponibile per 11 ore al giorno. Merci e persone da e per Gaza sono controllate da Israele, così come lo spazio aereo e marittimo. Si tratta insomma di una sorta di prigione all’aria aperta in cui sono stipati 2,1 milioni di palestinesi che vivono nel terrore di venire annientati.

Ci sono però anche dei Palestinesi “fortunati” che possono, almeno provvisoriamente, vivere nel loro luogo d’origine. Gli accordi di Oslo hanno lasciato il 41% del territorio della Cisgiordania ai Palestinesi. Gli Israeliani, interpretando gli accordi a loro favore, hanno suddiviso il territorio dei Palestinesi in 227 aree separate, in modo che un Palestinese che vuole andare da una all’altra di queste aree deve transitare dalle zone cuscinetto controllate militarmente da Israele tramite “checkpoints”, che di fatto rappresentano una seria limitazione alla libertà di movimento di persone e beni. Non è la prigione di Gaza, ma corrisponde agli arresti domiciliari.

Intanto Israele continua l’insediamento di costruzioni abitative nei territori occupati: lo scorso giugno ha annunciato la costruzione di ulteriori 5’700 immobili che ospiteranno nuovi coloni che andranno ad aggiungersi ai 700'000 già presenti tra Cisgiordania e Gerusalemme Est e protetti da un muro lungo più di 700 km. Le proteste che arrivano da più parti vengono sistematicamente ignorate, così come le numerose risoluzioni di condanna dell’Onu e l’invito della comunità internazionale a fare chiarezza sull’arsenale nucleare.

Con le spalle coperte dagli Usa che foraggiano l’esercito israeliano con 3,3 miliardi di dollari annui, lo stato ebraico continua indisturbato a procacciarsi il proprio “Lebensraum”, concetto rubato alle pagine più buie della storia umana. Possiamo continuare a far finta di niente, finché un giorno i nostri centri per richiedenti d’asilo si riempiranno di profughi palestinesi. Definire Hamas un’organizzazione terrorista è un buon primo passo, a condizione che si abbia il coraggio di giudicare l’operato e le posizioni di entrambi i fronti, come richiede la nostra neutralità.

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