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L’ottimismo del funambolo

L’editoriale “Dall’ecoansia ai rutti delle mucche” suscita legittimi sentimenti di impotenza e angoscia. Mica solo per gli sviluppi legati al clima: la morsa allo stomaco quando le Nazioni Unite hanno decretato il passaggio dall’era del riscaldamento all’ebollizione globale si somma a quella per l’insostenibilità del sistema di previdenza, a quella per il primato di bambini in fuga da guerre e povertà, per la crescente disinformazione, per la precarietà del lavoro, per la denatalità o per l’era in cui le macchine comunicano quasi meglio di noi.
Sono molti i temi che portano chi sceglie di rimanere informato e impegnato ad essere quantomeno pensierosi.
Eppure.
Eppure scrivo per amplificare il suono di un’altra campana: quella dell’ottimismo. Non quello cieco derivante dal rifiuto della realtà che portò l’orchestra a continuare a suonare mentre il Titanic affondava, ma bensì quella testarda e ferma volontà di credere che ci sia una differenza da fare, e la possiamo fare noi. È l’ottimismo del funambolo, consapevole che molti metri di vuoto lo separano dal suolo, ma che concentra le proprie forze sul prossimo passo.

Non va tutto bene, non stiamo tutti bene, ma tanto è stato scoperchiato.

Per esempio c’è un acceso dibattito legato alla parità di genere perché, fastidiosamente in ritardo, sempre più persone considerano il tema e quindi stiamo lentamente avanzando. Idem per l’identità sessuale, la salute mentale e tanto altro. No, una volta non si stava meglio... non se ne parlava e prosperavano solo gli aderenti alle caratteristiche dominanti.

Ho letto che un importante contributo ecologico potrebbe essere rappresentato dalla scelta di non procreare, visto che ogni nuova vita comporta un ulteriore tasso di 58 tonnellate di CO2. È comprensibile e pure sano che le giovani e i giovani si pongano seriamente la questione dei figli, perché nemmeno questo ruolo deve venir assunto “tanto per”, o come imprescindibile tassello per una vita di valore. Però i figli non sono solo CO2. Sono fatica, gioia e soprattutto speranza. I figli sono ottimismo puro.

Più figli ci saranno, più numerose saranno le generazioni che non avranno ricevuto schiaffi, che avranno mangiato fragole solo di stagione, che avranno visto un modello genitoriale più paritario e realizzato. Maggiore sarà l’impatto, dall’ambiente alla politica.

Una generazione futura esisterà in ogni caso, ma se non nasceranno i figli delle persone informate, sensibili e preoccupate... allora cosa stiamo facendo?

Il cinismo non ci salverà, anzi è ciò che spesso ci vede al palo a lamentarci. È l’ottimismo che invece ha portato la 16enne locarnese Emma Mecic a nuotare i 400 m stile libero classificandosi vicecampionessa del mondo con la sua protesi. Emma non è CO2. I miei figli non sono solo CO2: sono l’investimento più grande che farò mai per un mondo più giusto, più inclusivo e più rispettoso di persone, animali, piante e pensieri diversi.

In questi giorni di Locarno Film Festival, calza a pennello il regista Guillermo del Toro: “L’ottimismo è la scelta radicale. La Storia e le favole ci dimostrano che nulla è mai perduto. Davide può battere Golia. Una spiaggia in Normandia può girare le sorti di una guerra. Il coraggio può vincere il potere. L’ottimismo è il nostro istinto di inspirare mentre stiamo soffocando. E così, giorno dopo giorno, scelta dopo scelta, guardati intorno e decidi tra le due. Inspira o muori”.


Inspiriamo. Perché è il modo migliore per avanzare senza cadere nel vuoto.

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