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L’identità del Festival

26 aprile 2023
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Marco Solari lascia la presidenza del Festival di Locarno. Probabilmente una persona, o meglio una personalità della cultura e della nuova generazione, sarà chiamata a dirigere una delle più importanti manifestazioni del nostro Paese. Tuttavia oggi il clima non è dei migliori per riconfermare o correggere l’identità di un’espressione culturale sin qui condotta e soprattutto sorvegliata con coerenza e buonsenso dal presidente uscente. Quali sono l’atmosfera, le condizioni storiche, l’ambiente politico in cui questo avvenimento si situa?

Inizio con un recente pensiero di Alain Berset, presidente della Confederazione. In una intervista a Le temps disse che “L’ivresse de la guerre me preoccupe beaucoup” e non accadde nulla. Trascorsa una settimana sulla Nzz am Sonntag del 12 marzo scorso, in un articolo così si esprime: “Ich spüre in gewissen Kreise einen Kriegsrausch”. Berset spiegò che il clima attuale ricorda quello antecedente alla Prima guerra mondiale, quando tensioni e frustrazioni non potevano che scaricarsi in un conflitto, come fu il caso nella realtà, di proporzioni mondiali. Queste esternazioni provocarono, in particolare nella Svizzera tedesca e nelle capitali dell’Europa soggette alla Nato, il finimondo. Vi furono reazioni violente contro Berset, persino negli organi dirigenziali del suo stesso partito.

Lasciamo questo insolito episodio in cui, probabilmente senza averne piena consapevolezza, si sindacava sulla libertà di coscienza e di parola del presidente della Confederazione quando ha osato elevarsi sopra uno stato collettivo di ubriacatura e di stordimento generale dei cittadini e delle cittadine svizzeri.

Ritorniamo al nostro Festival rievocando Giovan Battista Rusca. Sindaco per oltre quarant’anni di Locarno con coraggio, nel secolo scorso, si era sottratto alla propaganda e al maccartismo statunitensi, opponendosi fermamente all’odio anticomunista americano di quel tempo.

Il Rusca intervenne verbalmente al Consiglio nazionale opponendosi a una legge che proibiva nel nostro Stato il Partito comunista. Al momento della votazione del decreto liberticida abbandonò, platealmente e solo, la sala del parlamento.

L’identità del nostro Festival e la libertà d’espressione artistica del cinema è stata forgiata anche da questo episodio.

Nei tempi dell’anticomunismo radicale e preconcetto statunitense e della Guerra fredda furono proiettati regolarmente al Festival di Locarno film dell’Unione sovietica e dei Paesi satelliti. Ricordo in particolare d’aver visto in Piazza Grande il capolavoro “Andrej Rublev” e lo sconcertante “Solaris” di Tarkovskij, considerati universalmente tra i più grandi capolavori della storia del cinema. Una storia in cui dobbiamo includere “Fronte del porto”, il film statunitense del 1954 con Marlon Brando, diretto da Elia Kazan. Il regista nel 1952 entrò in rotta di collisione con molti colleghi e attori per la sua collaborazione al maccartismo. Elia Kazan, nonostante avesse avuto un passato da simpatizzante comunista, denunciò attori e registi di primo piano, tra cui alcuni dei suoi più stretti collaboratori. Incluse nella sua notifica alla commissione inquisitoria persone che non erano mai state comuniste, ma che avevano partecipato a movimenti di sinistra in modo molto generico. I nomi finirono nella lista nera di Hollywood e alcuni di essi ebbero la carriera distrutta. Marlon Brando per la sua interpretazione nel film Il padrino vinse il suo secondo Oscar. Preferì tuttavia rinunciare alla statuetta e inviò alla cerimonia una giovane indiana, figlia di nativi americani, sopravvissuti allo sterminio. Una carneficina avvenuta dall'arrivo degli europei nel XV secolo alla fine del XIX secolo. Si ritiene che tra i 55 e i 100 milioni di nativi morirono a causa dei colonizzatori.

Malgrado gli eventi qui brevemente descritti, oggi assistiamo, disorientati e confusi, all’abbandono dell’equidistanza fra i belligeranti nella guerra in Ucraina, indispensabile per garantire la neutralità del nostro Paese. L’odio per il popolo russo, lo zelo occidentale condotto dagli Stati Uniti di armarsi e di armare un partito in guerra e il ritorno al governo dell’Italia dei nostalgici del fascismo sono segni tangibili di preoccupanti sentimenti fanatici che, a mio parere, si possono riferire alla peggiore politica totalitaria e distruttiva in Europa.

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