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Rustici, dignità e opportunità

"27 luglio 1870 Avv. Celestino Pozzi Non cancellare perché Dio ti vede". È una frase scolpita su una parete di legno all’alpe Spluga, sopra Giumaglio. Ho sempre interpretato questa scritta come un invito, laico naturalmente, a tutelare i nostri patrimoni, tra i quali i rustici. Ho citato e contestualizzato questa frase negli scorsi giorni a Berna, in occasione di una tavola rotonda indetta dai promotori della cosiddetta "Iniziativa paesaggio", che vuole limitare gli interventi fuori zona edificabile. Si tratta di un’ennesima proposta estrema, dannosa soprattutto per le periferie. Da parte mia, evidentemente, ho esposto argomentazioni opposte rispetto a quelle degli iniziativisti e del pubblico presente. Innanzitutto ho fatto notare che è impossibile, e pure scorretto, paragonare le ampie pianure svizzere (sui quali gli iniziativisti rivolgono il loro interesse) con le montagne. Nessuno, inoltre, vuole cementificare i nostri rustici o trasformarli in palazzi: ma "solo" poterli ristrutturare, senza chiedere l’elemosina e dando così un futuro dignitoso al territorio. L’attuale eccessiva intransigenza, soprattutto dell’autorità federale, e pure una certa mancanza di visioni per il futuro della montagna, pongono problemi che non potranno che creare danni irreversibili. A Berna ho posto una semplice domanda al pubblico: è meglio vedere i rustici ristrutturati, riportando quindi una vitalità rispettosa del paesaggio, o si preferisce confrontarsi con diroccati, sinonimo di istituzioni irrispettose delle proprie testimonianze? Gli sguardi erano imbarazzati. Mi auguro che questi argomenti siano stati recepiti positivamente.
I rustici rappresentano il modo in cui i nostri antenati sono riusciti ad avere un rapporto funzionale ma pure armonioso con il territorio, adattandosi e individuando soluzioni anche ingegnose per riuscire a vivere e a lavorare in condizioni spesso avverse. È nostro dovere, perciò, dare continuità – con degli ovvi adattamenti, a seguito dell’evoluzione della società – a questa relazione con il territorio, attraverso nuove prospettive, rinnovando il rapporto tra uomo e natura e stimolando opportunità socio-economiche, diverse da quelle delle realtà urbane. Per perseguire e vincere queste sfide occorre però cambiare approccio. Una mia recente mozione, sottoscritta anche da altri deputati, parte dal presupposto che gli interventi di ristrutturazione fuori zona edificabile, a carattere conservativo e/o con cambiamento di destinazione, devono essere favoriti e incentivati perché concorrono alla tutela del paesaggio, e non – come avviene adesso – considerati delle eccezioni, oppure addirittura ostacolati a seguito di un atteggiamento troppo punitivo. Beninteso, le norme dovranno sempre essere puntuali, per consentire interventi rispettosi delle tipologie tradizionali. Tuttavia è essenziale andare oltre l’aspetto architettonico, e riconoscere anche un valore paesaggistico e storico/culturale dei rustici fuori zona edificabile. La mozione, dunque, chiede al Consiglio di Stato ticinese di attivarsi presso la Conferenza dei Cantoni alpini e promuovere – tramite le rispettive deputazioni alle camere federali – la revisione della Legge sulla pianificazione del territorio, in sintonia con gli intendimenti testé presentati. L’auspicio è che anche altri Parlamenti cantonali vadano in questa direzione.
Ricordiamoci, dunque, l’appello – attualissimo – dell’avvocato Celestino Pozzi; facciamo di tutto per concretizzarlo, anche per non lasciare alle future generazioni montagne di diroccati. Ma, soprattutto, è tempo che autorità e istituzioni preposte capiscano che siamo all’ora o mai più, e che un approccio più lungimirante sia assolutamente necessario per non cancellare definitivamente le testimonianze antropiche del territorio.

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