I dibattiti

In Ticino sempre meno salario per il personale curante

Nonostante l’aumento in vigore da questo gennaio, la paga reale negli ultimi quattro anni è diminuita

Giuseppe Sergi
(Ti-Press)

Se qualche mese prima dell’inizio della pandemia Covid aveste deciso d’iniziare a lavorare come infermiera/e all’Ente ospedaliero cantonale (Eoc), a quale salario iniziale minimo avreste avuto diritto? Il Regolamento organico cantonale (Roc) – il contratto collettivo di lavoro che regola salari e condizioni di lavoro per il personale curante del settore pubblico – prevedeva a inizio 2019 un salario minimo lordo di 5’057 franchi al mese per 13 mensilità (classe 13.1). Negli scorsi giorni sono stati pubblicati i nuovi salari, validi dal 1° gennaio 2023. Quel vostro salario del gennaio 2019 ammonta oggi – per la stessa categoria – a 5’209 franchi mensili lordi, con un aumento di 152 franchi al mese che corrisponde – in quattro anni – a un +2,9%.

Nello stesso periodo l’indice dei prezzi al consumo (ad esempio confrontando l’indice di novembre 2018 con quello del novembre 2022), è aumentato del 3,6%. La conclusione a questo punto è abbastanza semplice: il salario reale del personale sanitario negli ultimi quattro anni è diminuito. Una diminuzione ben più cospicua dello 0,7% che emerge dal calcolo, poiché, come noto, l’indice dei prezzi al consumo non misura l’aumento del costo della vita: ad esempio, non prende in considerazione l’evoluzione dei premi della cassa malati.

Eppure, in questi ultimi quattro anni il personale sanitario ha mostrato tutto il proprio valore, il suo ruolo decisivo (insieme ad altre categorie di salariati) per prendersi cura di tutti noi; durante la pandemia – e anche dopo – si sono sprecati gli elogi verso questa categoria ‘eroica’ di lavoratori e lavoratrici. Ma, sostanzialmente, ci si è limitati agli elogi, alle parole che, come noto, non costano nulla.

Il personale sanitario continua a lavorare in condizioni difficili. Ritmi intensi, carenza di effettivi, stress: sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano il lavoro quotidiano di cura in ospedali, case per anziani, servizi domiciliari. Una situazione sempre più difficile che spinge le lavoratrici e i lavoratori del settore a cercare soluzioni individuali (lavoro parziale), oppure ad abbandonare la professione (sono circa 3’500 le infermiere e gli infermieri che ogni anno lasciano la professione).

È evidente che lo sforzo fatto dal personale curante non viene ricompensato adeguatamente e oggi le condizioni salariali – proprio in rapporto allo sforzo lavorativo richiesto – non rappresentano un incentivo adeguato ad abbracciare la professione. La classe politica (i partiti di governo per intenderci) non ha nessuna intenzione di riconoscere dal punto di vista salariale l’impegno di queste lavoratrici e lavoratori ‘indispensabili’. Lo abbiamo visto subito, nella fase immediatamente successiva alla pandemia: non si è stati capaci di andare al di là di un ‘obolo’ di 500 franchi una tantum. Lo si è confermato con il rinnovo, nel settembre 2021, del contratto collettivo di lavoro che ha apportato, complessivamente, miglioramenti del tutto marginali e che non ha minimamente affrontato la questione salariale, in particolare una rivalutazione dei salari, decisiva, unitamente alla questione della diminuzione dell’orario di lavoro, per evitare che il personale abbandoni la professione.

Ancora in occasione della discussione sui Preventivi cantonali 2023, il Movimento per il socialismo ha presentato una serie di proposte proprie tese a rivalutare i salari del personale socio-sanitario, incontrando una netta opposizione da parte dei partiti maggiori, proprio coloro che passano il tempo a lodare l’impegno e il valore del personale curante. E con la solita faccia di bronzo li sentiremo, durante tutta la campagna elettorale, raccontare quanto stanno facendo per migliorare le condizioni del personale sanitario e premiarne l’impegno.

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