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Teatro Sociale Bellinzona

16 dicembre 2022
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Vado a teatro da una ventina di anni, più di una ventina di volte all’anno. Seguendo la direzione di Reichlin, prima a Bellinzona, poi a Lugano. Dalla sua apertura, quasi sempre al Lac (e Foce). Qualche volta sconfino in Italia. Da una quindicina di anni, inoltre, mi diverto a praticarlo da attore. Amo il teatro, amo quello che ci racconta, le scenografie spoglie, ammiro le capacità delle attrici e degli attori di trasmettere emozioni. Starei ore ad ascoltarli. Sorrido, dunque, quando leggo della diatriba in atto a Bellinzona fra persone, donne e uomini, che generalmente, se non invitati, la soglia del Sociale non la varcano mai. Persone, sempre in generale, che riducono la vita di un Teatro a numeri e a dati contabili. Ma lo capisco benissimo: quando invito qualcuno a teatro, sono tre le domande che mi vengono immediatamente poste: "In dua l’è?", "l’è da riid?" e "quanto l’düra?". Quasi che se non fosse sull’uscio, facesse pensare un pochino e durasse più di un quarto d’ora, sarebbe tempo sprecato. Ho letto il programma 22/23 del Sociale: una cinquantina di spettacoli per ogni gusto e per ogni età. Teatro classico (forse un po’ vecchiotti certi titoli), per bambini, impegnato (Pasolini, giornata della memoria, violenza sulle donne – peccato in questo caso pubblicare il sostegno di diverse associazioni femminili tutte di sinistra, come se donne e uomini di centro o di destra tollerassero la violenza), danza, musica di ogni sorta. C’è molto Ticino, magari un po’ troppo, nelle varie produzioni, se è vero che il teatro porti, debba portare con sé, una ventata di novità, uno sguardo su quanto accade nel mondo o una lettura di quanto accaduto. E lo fa, lo può fare con il tema, il testo, la scenografia, la messa in scena, la recitazione, i movimenti, la regia. Ho letto dell’intenzione (che sta diventando realtà) di affiancare al Direttore una commissione di "esperti/addetti ai lavori": la trovo assurda! Come se al Direttore dell’Amb, ritenuto non adatto o non sufficientemente capace nel suo lavoro, venisse affiancato uno stuolo di figure, dal rabdomante, al sommelier dell’acqua, passando per l’uomo che inventò l’acqua calda. Credo che un Direttore di Teatro, ritenuto tale, debba essere libero di costruire il proprio programma, percorrendo in lungo e in largo tutte le strade relative e necessarie, come partecipare ai vari festival del teatro, andare di persona a vedere cosa accade al di là delle nostre frontiere (cantonali e nazionali) e, perché no, agganciandosi a chi ha più possibilità, nel nostro caso al Lac. Ma perché, mi chiedo, certe produzioni che passano al Lac (o al Foce) non possono passare pure al Sociale? O viceversa? Magari con un abbonamento combinato? Lo so, siamo il Cantone dell’iperbole, ma quanto successo nei media (nel calcio, nel basket…) ci dovrebbe aprire gli occhi. Un invito ai politici comunali e ai partiti: la cultura, e, permettetemi, il teatro ne è parte importante, costa certo, ma ripaga ampiamente rendendo il cittadino/elettore sempre più consapevole. O è questo che fa paura? Li invito a frequentare maggiormente il Sociale: aumenterebbero il numero di presenze e i ricavi, comprenderebbero la differenza fra il vero teatro e il teatrino a volte inscenato in certe sessioni.

Buon teatro a tutti.

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