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Ucraina: domande scomode?

Niente può giustificare la devastante aggressione allo stato ucraino voluta da Putin, tantomeno un referendum-farsa sotto occupazione militare. Ma niente stupore. In tempi non sospetti avevo diffuso dei documentari sui metodi criminali usati da Putin per arrivare al potere, in Cecenia e contro gli oppositori. Allora c’era chi preferiva voltarsi dall’altra parte per correre in Russia a fare affari e salamelecchi a Putin e ai suoi oligarchi. Oggi quei diplomatici, politici, manager e giornalisti fanno un tifo viscerale per la guerra e fingono stupore: chi l’avrebbe mai detto che il gentile Putin…? Ovviamente anch’io ammiro l’eroica resistenza del popolo ucraino ma promuovere l’escalation militare sulla sua pelle e su quella dei soldati mandati al macello su entrambi i fronti è proprio l’unica via d’uscita dal conflitto? O forse era solo l’unica che potesse soddisfare i deliranti sogni imperiali di Putin e anche generare profitti miliardari per i produttori di armi e di energia (compreso il gas estratto mediante il devastante fracking)?

Ora finalmente si comincia a parlare di negoziati di pace, ma l’unica pace possibile è davvero solo un compromesso per spartirsi pezzi di territorio, proporzionalmente al rapporto di forza militare conquistato sul terreno? Spartizioni imposte agli abitanti senza un’autentica consultazione e quindi foriere di futuri conflitti. Non sono l’unica a chiedermi perché, oltre al diritto all’integrità territoriale, non si consideri anche il diritto umano fondamentale all’autodeterminazione dei popoli sancito dalla Carta delle Nazioni Unite al Capitolo I, articolo 1, paragrafo 2 sulle finalità dell’Onu: "Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-determinazione dei popoli..." Certo, dare la precedenza a questo diritto umano, prima ancora o all’inizio dell’aggressione, avrebbe richiesto (e richiederebbe tutt’ora) che un organismo internazionale riconosciuto da entrambe le parti come l’Onu o l’Osce ottenesse un cessate il fuoco immediato per organizzare un autentico referendum nei territori contestati. Sarebbe stato ancora possibile quando si parlava di ripartire dagli accordi di Minsk II e Zelensky sembrava pronto a offrire una forma di neutralità rispetto alla Nato? Forse si sarebbe "disarmato" Putin vanificando la sua delirante narrazione sui referendum. Forse si risparmierebbero ancora tante vite definendo forme di autonomia e frontiere condivise dagli abitanti per garantire una pace più duratura. Il nostro governo non potrebbe proporre questa via in nome della neutralità e del modello svizzero?

In sostanza mi chiedo se il diritto all’autodeterminazione dei popoli e quello all’integrità territoriale siano incompatibili, oppure se per ottenere una vera pace il rispetto del primo non dovrebbe precedere il secondo. Oppure pace e diritti umani rimangono utopie da relegare nei preamboli?

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